lunedì 14 marzo 2011

Una Via Crucis per i nostri giorni

SECONDA STAZIONE: GESU’ E’ CARICATO DELLA CROCE

A) Contesto biblico
“Dopo essere stato condannato a morte, umiliato e percosso, Gesu’ riceve sulle spalle ormai dolenti per le sferzate, il duro legno della croce. Egli si avvia verso il Calvario tra due ali di folla che lo beffeggiano e lo scherniscono.”

B) Attualizzazione e riflessione
Il Cottolengo diceva che bisogna temere quando tutte le cose vanno bene, e che bisogna essere felici tutte le volte in cui ci sono contrarietà e problemi.
Il Cottolengo stesso fu più di una volta minacciato ed anche incriminato. Anche San Vincenzo diceva che le opere di Dio sempre sono segnate dalla sofferenza.
Ecco, mi sembra di poter dire che a Chaaria siamo sulla buona strada, perché la croce sempre viene a visitarci e a far sentire il suo sapore amaro alle nostre labbra.
Sovente la croce si è presentata sotto le forme di accuse che mi sembrano ingiuste. Per esempio sono stato accusato verbalmente dai parenti di aver causato la morte di una donna che era stata ricoverata a Chaaria per una patologia molto seria. La donna lascia 4 figli ed un marito vedovo.
Non intendo lamentarmi di queste accuse (forse dettate solo dall’emotivita’), perché so che fare il medico comporta anche questo, ed in Italia sarebbe sicuramente peggio... So anche di aver agito in scienza e coscienza. Però mi sento un nodo alla gola, perché davvero io cerco di fare tutto quello che posso per difendere e promuovere la vita: mi alzo di notte e corro qua e là tutto il giorno per aiutare pazienti spesso in condizioni disperate. Anche ieri, che era domenica abbiamo avuto cinque cesarei ed un raschiamento, oltre ai normali pazienti ambulatoriali. È chiaro che la Medicina non è come la matematica, ed i conti spesso non tornano, specialmente quando si è da soli a prendere le decisioni cliniche, e non si possiedono tutti gli strumenti diagnostici e terapeutici, che invece sarebbero necessari per ridurre al massimo la possibilità di errore professionale.
Spero che la cosa finisca in nulla e che io possa continuare ad aiutare questa gente bisognosa senza incorrere in problemi di tipo legale... Anzi credo proprio che non ci sarà nessun seguito a questo pasticcio solo emotivo e legato ai sentimenti di lutto... Certo è che a volte ho un po’ di paura quando mi trovo davanti a casi complessi, che magari non posso riferire a nessun altro ospedale perché, per esempio, la strada è impraticabile.
Devo decidere se aiutare e correre qualche rischio, o se proteggermi le spalle, e rischiare che la persona non riceva l'aiuto di cui ha bisogno. Generalmente il mio cuore mi dice che è meglio sbagliare provando ad aiutare, piuttosto che lasciar morire una persona perché si ha paura di sbagliare l'approccio terapeutico. In questi giorni sono un po’ giù, perché mi sento a volte incompreso e preso di mira: è di pochi anni fa un altro caso finito in nulla in cui una famiglia mi aveva accusato di aver ucciso un bambino trasfondendogli sangue di gruppo non compatibile. Io ero sicuro di me stesso. Ero stato io personalmente a fare i gruppi sanguigni e le prove crociate, perché era di notte; avevo iniziato la trasfusione come misura disperata, ed il bambino era morto poco dopo, non per la mia trasfusione, ma per le condizioni disperate dovute alla malaria e all'anemia estrema (aveva meno di 4 g di emoglobina). Però la mamma era più interessata alla sequenza temporale: prima respirava ancora, poi è stata iniziata la trasfusione, e da ultimo il bambino è morto... per cui la causa doveva essere il sangue infuso dal dottore. Anche allora sono stati giorni di angoscia in cui dicevo a me stesso: a cosa serve alzarsi di notte e "sbattersi" finché non ne puoi più, se poi la ricompensa è questa?

C) Preghiera:
“Signore, la risposta viene solo dalla fede: aumenta la mia fede ed aiutami a credere che devo servire i malati ed i poveri per amor Tuo, e non per la ricompensa umana, per il successo e per la gratitudine. Anche Tu, o Signore, venisti ripagato con la croce, dopo aver cercato di aiutare tutti ed aver guarito un sacco di gente. Anche a Te, quando guaristi l'uomo dalla mano inaridita nella sinagoga in giorno di sabato, venne ricordato che avevi fatto un errore, e che non si poteva guarire un sofferente in un giorno di riposo comandato dalla Legge.
Credo, Signore, che Tu proteggerai sia me, sia la mia professione, sia l'ospedale di Chaaria, perché tutto quello che facciamo lo facciamo con cuore retto e con l'unico intento di aiutare gli altri”.

Fr. Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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