domenica 13 marzo 2011

Una Via Crucis per i nostri giorni

PRIMA STAZIONE: GESU’ E’ CONDANNATO A MORTE.

a)    Contesto Biblico.
“Gesu’ viene trascinato davanti ai Sommi Sacerdoti prima, e di fronte a Pilato poi. Una folla inferocita ne chiede la condanna a morte. Le stesse persone che urlano: ‘crocifiggilo!’ sono quelle che in precedenza sono state da Lui beneficate e miracolate. Si costruiscono false accuse. Si individuano falsi testimoni... Ed alla fine Gesu’ viene condannato a morte senza possibilita’ di appello”, e viene esposto al pubblico ludibrio: “Ecce homo”. Tutti possono sputare su di Lui.

b)    Commento e attualizzazione.
Anche oggi Gesu’ viene accusato ingiustamente e condannato a morte. Possiamo pensare a tanti “poveri Cristi” che anche al giorno d’oggi soffrono persecuzioni in varie parti del mondo.
Ma la nostra meditazione deve essere personale e deve aiutarci a fare un piccolo passo avanti in questa nostra quaresima 2011. Non pensiamo ai regimi totalitari che perseguitano o alle situazioni ingiuste in cui le minoranze vengono soppresse per motivi religiosi. Pensiamo invece a noi stessi, a tutte le volte in cui siamo noi a condannare a morte Gesu’ anche oggi; a metterlo in croce con i nostri comportamenti scorretti.
In questa prima stazione della ‘via crucis per i nostri giorni’ voglio pensare a tutte le volte in cui ci siamo eretti a giudici senza appello ed abbiamo condannato il nostro prossimo in modo scorretto e malizioso.
Lo abbiamo fatto con la nostra lingua, ed in questo abbiamo agito come Pilato e come Caifa. Abbiamo sparlato e calunniato, rovinando la reputazione di altri.
Sparlare dei confratelli e degli amici e’ un peccato gravissimo. Credo di poter affermare che la maldicenza sia una degna figlia del “Padre di tutte le menzogne”. Le chiacciere ed il parlar male sono a mio giudizio paragonabili ad una coltellata alle spalle. Il gossip (termine inglese per chiacchiera malevola) infatti e’ un’azione codarda; e’ l’atto di chi vuol ferire senza uccidere, e soprattutto vuol nascondersi nell’ombra. Proprio per questo e’ un atto di profonda ingiustizia, perche’ colpisce coloro che sono ignari delle chiacchiere nei loro confronti; li distrugge senza dar loro la possibilita’ di difendersi (proprio come e’ successo a Gesu’ davanti al suo tribunale). E’ un processo in contumacia in cui la condanna e’ senza misericordia, pur basandosi su prove a dir poco inattendibili. Con le calunnie si puo’ distruggere una persona, spezzare il suo cuore e rovinarle la sua vita per sempre: si puo’ mettere sulla sua fronte un marchio che non si potra’ piu’ cancellare. Anche se poi si cerchera’ di emendare e di ricostruire una reputazione distrutta dal gossip, questa non ritornera’ mai piu’ come prima. La maldicenza lascia macchie indelebili, anche nei rapporti fraterni: chi ne e’ stato vittima, fara’ fatica a perdonare gli autori della sua personale distruzione, ed anche se ci riuscira’ pian piano, non potra’ pero’ mai dimenticare...ed il gelo invadera’ quelle comunita’ che proprio al gossip si erano affidate per ottenere non si sa quali vantaggi. Con questa pratica irresponsabile, certamente desideriamo dichiarare di essere migliori delle persone di cui parliamo male; e, proprio nel momento in cui ci sentiamo piu’ santi di loro e Ii facciamo piangere, magari andiamo a pregare puntualissimi...e ci sentiamo a posto (anche i sommi sacerdoti non volevano che i cadaveri dei crocifissi rimanessero esposti in giorno di sabato, per non contaminarsi). Ma puo’ Dio essere contento della preghiera che nasce da un cuore malvagio che ama far soffrire gli altri, basandosi solo sul sentito dire?
Nonostante tutti i proclami di santita’, chi e’ dedito alla maldicenza costruisce solo divisioni all’interno della comunita’.
Il problema e’ che
  spesso la maldicenza nasce  da dicerie che non sono vere; che sono distorte e gonfiate. Spesso noi stessi non siamo sicuri se le storie che abbiamo sentito riguardo ad un “povero Cristo” sono vere o meno.
Basterebbe un po’ di introspezione per porre fine a questa gramigna che tanto male ha fatto e fa. Sarebbe sufficiente domandarci: “Le cose che ho sentito sono vere o meno? E se non sono sicuro che siano vere, perche’ le ripeto e le racconto? Qual e’ il bene che voglio seminare dicendo queste parole pesanti?
Predichiamo tanto l’amore vicendevole, e non ci rendiamo conto che la maldicenza viola la legge dell’amore verso il prossimo, e’ una condanna senza appello. Ci trasformiamo in giudici severi che notano la pagliuzza nell’occhio del fratello, ma non si accorgono delle trave che li rende ciechi. Predichiamo la misericordia, ma usiamo la nostra ligua come un’arma proditoria, "come una mazza, una spada, una freccia appuntita” verso gli altri (Pro 25:18). Nemmeno ci rendiamo conto, ma parlando male degli altri, noi violiamo anche il quinto comandamento, perche’ si puo’ davvero ammazzare con le calunnie; si puo’ distruggere una persona psicologicamente; si possono creare ferite che poi difficilmente si rimargineranno. Le pistole uccidono il corpo, ma la malalingua conferisce una lenta morte interiore che non mi pare meno dolorosa.
Ci andiamo poi a confessare per delle stupidaggini; ma quante volte ci ricordiamo di accusarci davanti al Ministro di Dio di aver distrutto nell’ombra il buon nome di una persona ignara, basandoci solo sul sentito dire, e forse spinti da sentimenti di invidia e di competizione sleale nei suoi confronti?
Infatti, quando calunniamo, parliamo male o seminiamo zizzania, in pratica noi siamo sotto il dominio della nostra superbia. Il gossip si nutre proprio nel terreno fertile del nostro orgoglio; nel nostro desiderio di sentirci superiori agli altri, e quindi in diritto di giudicare le loro intenzioni e di dare loro delle lezioni. Siamo quindi come Pilato e come la gente di Israele che condanno’ Gesu duemila anni fa.
c)    Impegno.
Tutti siamo presuntuosi, e tutti siamo invidiosi. Eradicare la gramigna del gossip dal nostro cuore non sara’ facile. Puo’ essere una sfida che dura tutta la vita.
Per combattere la maldicenza nella nostra vita personale, dobbiamo coltivare l’umilta’; dobbiamo pensare che, davanti a Dio, noi siamo molto peggiori delle persone di cui sparliamo.
Abbiamo inoltre bisogno di preghiera. Solo Dio ci puo’ aiutare a superare questo istinto primordiale e maligno di ergerci a giudici tremendi verso i nostri simili: dobbiamo chiedere a Lui la capacita’ di amare, e di abbandonare ogni desiderio di distruggere il nostro prossimo. E’ quindi la preghiera intensa che puo’ aiutarci a raggiungere una vita libera dalla maldicenza.
Questo potrebbe essere un bell’impegno per l’inizio della nostra quaresima: quello di chiedere a Gesu’ di donarci il suo cuore semplice, umile ed innocente; un cuore che sappia vedere sempre il bene negli altri e perdonare il male, astenendoci comunque sempre dal processare gli altri in contumacia, e dalle critiche maligne e senza prova sicura. 
d)    Preghiera.
“Caro Gesu’, perdomami per tutte le volte in cui ho parlato male ed in modo imprudente degli altri e li ho condannati in cuor mio, semplicemente per sentirmi migliore di loro. Aiutami a pensare, prima di parlare, e soprattutto prima di condannare qualcuno senza appello. Aiutami ad amare tutte le volte in cui apro la bocca ed uso la lingua. Aiutami, caro Gesu’ a non formarmi un’idea sulla gente a partire da quello chi gli altri mi dicono. Il sentito-dire potrebbe non essere corretto, e potrebbe essere stato costruito soltanto a partire da sensazioni e da cose riportate, distorte ed ingigantite. Amen”

Fr Beppe Gaido

 
PS: Nella foto la prima stazione della Via Crucis disegnata dai regazzi di Korogocho su batik. Si tratta dell’ Ecce Homo, inculturato in un ambiente di baraccopoli.

1 commento:

Anonimo ha detto...

che belle parole!grazie ,,ne faro' buon uso :) Daniela


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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