martedì 17 maggio 2011

Arrivati alle capriate

Inviamo una foto che documenta i progressi fatti nella costruzione della sala operatoria.
Siamo ora arrivati alle capriate, e tra non molto la costruzione sara’ coperta con il tetto. La posa di questi enormi putrelloni di ferro e' stata sia spettacolare che pericolosissima. Le capriate metalliche erano state saldate sul terreno circostante il cantiere, e poi sono state tirate su con delle corde. C'erano uomini in billico sui cornicioni... e naturalmente non c'erano impalcature o protezioni... insomma tutto in regola con le normative antinfortunistiche italiane.
Lo scivolo che vedete a destra nella foto sara’ utilizzato per il passaggio della biancheria sporca verso la lavanderia centrale dell’ospedale (i percorsi sporchi e quelli puliti sono stati separati con attenzione).
Il seminterrato ai piedi dello scivolo servira’ in parte per la collocazione di un generatore autonomo per la sala (nella zona aperta), ed in parte come magazzino farmaci (nella zona chiusa).
Questi locali seminterrati sono stati ricavati grazie al fatto che la sala viene edificata su un terreno che e’ in pendenza.
Al di sopra del seminterrato potete notare un muretto che delimita un ballatoio esterno all’edificio principale: qui ci sara’ la lavanderia di sgrossamento del materiale insanguinato, prima del trasporto alle lavatrici.
Il lato della costruzione nella foto e’ quello che guarda verso la strada che va a Chaaria Market.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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