domenica 29 maggio 2011

Il cacciatore di... noci di cocco

Appena una noce di cocco si stacca dalla pianta, io sono gia' li appostato.
Me la prendo immediatamente... e faccio di tutto per non farmi vedere da nessuno, perche' si tratta di un bottino prezioso e non posso farmelo sfuggire, e nemmeno condividerlo.
Mi ritiro quindi nella legnaia, dopo ho sempre a disposizione qualche strumento rudimentale, che, nel giro di alcune ore, mi permette di aprire il "bozzolo" della mia preda deliziosa. Il guscio esterno e' solo il primo ostacolo, ma poi anche la durissima noce cede al mio insistente battere e ribattere con martello (si fa per dire!) e scalpello.
Che gioia quando, tutto solo, e sbirciando in giro per non essere scovato, mi bevo il nutriente latte di cocco, e mi "pappo" tutta la polpa... senza darne nemmeno un boccone al mio acerrimo nemico e competitore Njeru.
Oggi la caccia e' andata bene , e la mia pancia e' piena; domani comincero' di nuovo a lamentarmi che voglio andare a casa. Infatti sono ormai tre giorni che sono nel centro e mi sembra gia' troppo!

Ciao. Mururu


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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