mercoledì 25 maggio 2011

Joshua MWITI


In data 9-4-2011 ha riportato frattura diafisaria del femore destro. E’ stato ricoverato presso il nostro ospedale e la lastra ha documentato una notevole dislocazione dei frammenti ossei.

Joshua e’ povero ed impossibilitato a sostenere le ingentissime spese per osteosintesi in un altro ospedale del Meru.

Abbiamo quindi optato per un primo trattamento sintomatico che e’ stato costituito da un gambaletto gessato a cui abbiamo connesso una trazione.

Abbiamo quindi inviato per email al Dr Luciano Cara il referto della radiografia. Egli si e’ dimostrato molto sensibile a questo caso non solo chirurgico ma anche sociale.

Ci ha informato che un’operazione eseguita dopo piu’ di un mese dalla frattura sarebbe stata complessa, a causa della retrazione muscolare, ed a motivo del callo osseo nel posto sbagliato... ma ci avrebbe comunque provato, se il paziente non avesse avuto alternative.

Naturalmente Joshua e’ rimasto nel nostro ospedale in trazione fino a ieri, in quanto la sua situazione familiare e finanziaria non gli permettava di pensare ad altre strutture sanitarie. L’intervento di “fissazione interna della diafisi femorale con viti e placca” e’ stato eseguito ieri sera; e’ stato lungo e difficile a causa dell’attuale carenza di strumentario ortopedico a Chaaria ed a motivo del lungo tempo trascorso dal momento della frattura... ma e’ stato concluso con successo.

Come potete vedere dalle foto non si era formato alcun callo osseo.


Ringraziamo di cuore Luciano e Toto per questo grandioso passo avanti e per quest’altra “prima assoluta” nella storia chirurgica di Chaaria.


Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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