giovedì 5 maggio 2011

Lillian ed Erick

Sono sorella e fratello. Sono orfani da vari anni, da quando cioe’ i loro genitori sono morti di AIDS nel nostro ospedale.
Li abbiamo sostenuti con continuita’ fino ad oggi, affidandoci a vari donatori che ci hanno via via aiutato economicamente.
Ora ringraziamo vivamente un gruppo di amici e lettori del blog che hanno deciso di prendersi cura di loro dall’ospedale Molinette di Torino.
Siamo loro molto riconoscenti per la generosita’ e la sensibilita’ che dimostrano verso i nostri progetti di sostegno alla povera gente.
Lo stesso gruppo (che e’ composto per lo piu’ di medici, infermieri e personale ospedaliero, parte dei quali ex volontari di Chaaria) sostiene economicamente anche Josphine Kawira, la cui foto e’ apparsa recentemente sul blog, e che frequenta la scuola elementare.

Cari amici delle Molinette,
Dio vi ricompensi per la generosita’ che ci dimostrate!
Lillian, la sorella minore frequenta la seconda classe delle scuole secondarie; mentre Erick sta per terminare un corso in Business and Administration, che lo aiutera’ a trovare un lavoro ed a diventare economicamente indipendente.
Vivono da soli nella barcca di legno che fu dei loro genitori; e sono in qualche modo accuditi da una zia che fa loro da matrigna... ma onestamente non se ne prende affatto cura (non vive neppure con loro!).
Entrambi si sono sempre dimostrati molto buoni e volenterosi... soprattutto Erick, che e’ una persona matura e veramente speciale. Anche Lillian non e’ cattiva, anche se un po’ piu’ instabile nell’impegno... ma cio’ potrebbe essere dovuto solo alla sua eta’ adolescenziale.
Siamo convinti che ne’ Lillian, ne’ tantomeno Erick tradiranno la fiducia dei benefattori.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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