martedì 3 maggio 2011

Siamo gli ultimi arrivati

Siamo arrivati al Cottolengo Mission Hospital alcuni giorni fa, accompagnati da Sr Anselmina di Nkabune. Io mio chiamo Denis ed ho quattro mesi, mentre lui, che e' piu piccolo perche' ha solo un mese, si chiama Moses.
Siamo dunque due nuovi maschietti per la nidiata degli orfanelli che stanno a Chaaria.
Ne' il sottoscritto, ne' tantomeno Moses, sa qualcosa della sua famiglia. Onestamente non sappiamo neanche come abbiamo fatto a raggiungere Nkabune: mi pare di aver origliato che per entrambi di noi la storia sia simile. La mamma e' morta in ospedale, e nessun parente e' mai venuto a reclamare la nostra presenza.
Ci auguriamo di trovare una nuova e bella famiglia qui a Chaaria, insieme agli altri bimbi che iniziamo a conoscere.
Mi hanno detto che domattina verra' il sig Parroco per il nostro battesimo.
Lo so che molti in Italia vogliono bene agli orfani e seguono la vita di questo piccolo gruppo. Posso dire che siamo ben accuditi. Sia di giorno che di notte abbiamo sempre un'assistente che sta con noi, che ci cambia il pannolino e che ci prepara la pappa. Poi anche le altre signore dello staff si prendono molta cura di noi, soprattutto al pomeriggio.
Per ora quindi tutto bene a Chaaria, anche se ci mancano i nostri genitori... e penso di parlare anche a nome di Moses!

Denis insieme a Moses



1 commento:

Anonimo ha detto...

DENIS E' TORNATO A CASA

Oggi Sr Anselmina di Nkabune e' venuta con il padre di Denis. Insieme a loro c'erano anche i nonni paterni di Denis.
Essi hanno deciso di riprenderselo, promettendoci di prendersi buona cura di lui.
Denis sta bene ed e' forte, anche se in questi giorni ha avuto la malaria. Ma ha finito la terapia ed e' completamente ristabilito.
Lo abbiamo salutato, con un po' di nodo alla gola.
Ma il suo posto non rimarra' vacante a lungo in quanto Sr Anselmina verra' in settimana con un nuovo bimbo.

Fr Beppe


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....