mercoledì 15 giugno 2011

Il tempo a Chaaria

Come passa il tempo! Sembrava ieri che ero in Italia con voi, ed e’ gia’ passato piu’ di un anno.
Mia mamma e’ stata qui, ed ora e’ a casa... mi pare da un’eternita’!
Giorno dopo giorno, un millimetro dopo l’altro, ho la sensazione di aver percoso un lungo cammino in questo anno... ed allo stesso tempo mi sembra di essere immobile.
Ma i giorni si rincorrono e passano veloci come il lampo: non ho tempo di aprire gli occhi al mattino, ed e’ subito sera tardi, quando spero almeno di avere qualche ora di riposo prima della nuova lotta dell’indomani.
I giorni sono tutti uguali nella routine tremenda del servizio, ed insieme tutti diversi nelle drammatiche situazioni che via via ci si presentano. Ci sono dei momenti in cui la giornata ti sembra un mare in totale bonaccia, ma poi possano pochi istanti ed ecco che il tuo quotidiano diventa un uragano che rischia di farti annegare nei problemi ed a volte nello scoraggiamento.
Anche la notte e’ cosi’ a Chaaria: a parte le moltissime volte in cui sei effettivamente chiamato per un’emergenza in sala operatoria, ci sono poi tutte le altre in cui dormi solo con un occhio, sempre psicologicamente pronto a rispondere al cicalino. Ci sono quelle notti agitate in cui i malati popolano i tuoi incubi e ti svegliano di soprassalto almeno venti volte prima della suoneria: sono spesso le preoccupazioni per un intervento che devi fare l’indomani e di cui hai tanta paura perche’ non ti senti sicuro; oppure sono le angosce sul tuo operato: “l’avro’ dato quel punto sull’arteria? E se quel laccio avesse mollato e la malata ha un’emorragia interna? Speriamo che non ci siano reazioni alla trasfusione che ho prescritto prima di andare a letto”.
Ma nonostante tutto, pure la notte passa veloce: normalmente sono cosi’ stanco che anche quel sonno pieno di incubi arriva velocissimo... appena tocco il cuscino, e nonostante i frequenti risvegli; l’alba giunge inaspetatta e precoce, proprio quando avrei piu’ bisogno di riposare ancora un po’.
Dalla mia finestra ogni mattina contemplo un’alba mozzafiato, in cui la palla rossa del sole emerge da dietro la collinetta di Kiagu, e pare guardarmi in faccia e dirmi: “e’ meglio che ti sbrighi... se no, arrivi tardi a pregare”.
Alle 6 il cielo ad oriente e’ rosso fuoco, e guardarlo per qualche attimo mi da’ pace e mi porta lontano... non so neppure dove! E’ questo il momento in cui spengo la sveglia maledicendola, e poi apro le tende e la finestra, implorando la frescura del mattino di aiutarmi a rimuovere dalle membra un torpore mortale ed un senso di estrema pigrizia. Abbasso gli occhi e scorso le mucche, ancora comodamente sdraiate ed addormentate nel loro recinto. I maiali invece hanno gia’ iniziato e fare un baccano della malora, cosi’ come i maledetti tacchini che normalmente disturbano il mio riposo gia’ verso le 5. Non parliamo poi dei galli che qui pare abbiano perso la nozione del tempo, e cominciano a cantare a volte gia’ dalle 3.30.
Piu’ lontano, il bananeto e’ ancora nella penombra dell’alba e rimane immobile e silenzioso.
L’alba mi parla di Dio; mi porta prima di tutto a dire grazie che sono ancora vivo e che ho avuto la fortuna di vedere un altro giorno. Essa mi dice, con il suo calore e la sua luce, che Dio ci ama... non perche’ siamo piu’ buoni, ma perche’ e’ Padre di tutti.
E cosi’, dopo notti sempre complesse, iniziano le nuove giornate.
Prima di tutto c’e’ la preghiera, che e’ davvero essenziale all’inizio di maratone mozzafiato come normalmente si presentano le giornate di Chaaria. Le lodi mattutine e la messa quotidiana sono un appuntamento essenziale con quel Dio per cui mi voglio spendere e che desidero riconoscere in tutti i fratelli che hanno bisogno del mio aiuto e della mia professionalita’. Almeno cosi’ dovrebbe essere... anche se devo confessare che, soprattutto dopo nottate difficili, sono talmente assonnato che riprendo i sensi quando qualcuno in chiesa mi tocca per offrirmi il segno della pace.
Dalla messa in poi si comincia a correre, finche’, apparentemente dopo pochi attimi, ci si ritrova stremati in camera dicedo tra uno sbadiglio e l’atro: “anche oggi e’ mezzanotte... speriamo solo che non mi chiamino!”.

Fr Beppe Gaido 

Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....