sabato 16 luglio 2011

Casa dolce casa

Dopo due anni di permanenza in Italia, Fratel Simon ha avuto la gioia di rivedere la sua terra. Ha dapprima goduto di 3 settimane intere a casa sua con i genitori, i fratelli ed i familiari tutti.
Adesso e’ qui con noi a Chaaria, ed anche questa e’ casa per lui!
Sono stati tutti estremamente contenti di rivederlo e di riabbracciarlo: i confratelli, le consorelle, lo staff... ma lo sono stati soprattutti i Buoni Figli, che oggi hanno voluto esprimergli il loro amore, organizzando un party in suo onore, per dirgli che gli vogliono davvero tanto bene e che lo ricordano sempre... anche se la Provvidenza lo riportera’ nuovamente lontano da Chaaria a fine agosto. Da allora in poi li terra’ uniti la preghiera, ma ora la presenza fisica di Simon e’ fonte incontenibile di tripudio, e di eccitazione palpabile nel Centro.
I ragazzi disabili, le suore, i fratelli, i dipendenti tutti si sono oggi pomeriggio stretti attorno a lui; hanno cantato al suono delle note della sua chitarra, hanno danzato per e con lui; hanno tagliato una torta in suo onore, e bevuto bibite alla sua salute.
La festa e’ un elemento importante della vita di famiglia: se non si festeggia chi e’ lontano mentre abbiamo la fortuna di rivederlo per un po’, che famiglia e’?
Ma noi siamo davvero la famiglia di Simon, e glielo abbiamo voluto dimostrare anche oggi, insieme a tutti i Buoni Figli, la cui gioia semplice ha dato molto al cuore di Simon... che in parte e’ contento ed in parte gia’ intravvede il momento del distacco per una nuova partenza alla volta della sua missione in Italia. Ringraziamo tutti Fr Roberto Trappa per aver pensato ad un momento festoso cosi’ importante e cosi’ significativo per far crescere la fraternita’.

La comunita’ di Chaaria







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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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