domenica 17 luglio 2011

Chaaria - Storia (seconda parte)

INAUGURAZIONE DEI SERVIZIO BUONI FIGLI
Il 16 luglio 1985, memoria della Beata Vergine del Carmelo, ebbe inizio il servizio dei Buoni Figli a Chaaria.
Quest’anno ne ricorre quindi il ventiseiesimo anniversario.
In quel giorno, come stabilito dai Superiori di Torino, da Tuuru arrivarono sette Buoni Figli: Isidoro, Jeremia, Joseph, Oreste, Pasquale, ed due altri di cui non ricordo il nome, e che sono gia’ defunti da alcuni anni.
La comunita’ dei Fratelli era gia’ promettente, con Bro John Mucambura, Paul Mbae, Dominic Nturibi ed il sottoscritto.
Da Torino vennero inviati per l’occasione il delegato Fr Carena, Vicario Generale, e Fr Giovanni Bosco Burdino, destinato a fare il formatore dei fratellini africani.
Il dispensario era gia’ in funzione dalla meta’ di settembre dell’anno precedente 1984.
Il Superiore Generale Fr Matteo Frezzato aveva delegato Fr Carena per presenziare all’apertura del servizio Buoni Figli a Chaaria, e per presentare ufficialmente alla comunita’ il nuovo formatore.
La casa Fratelli non era ancora completa nella sistemazione interna: la si e’ poi conclusa nel 1986, con la presenza del superiore locale Fr Giuseppe Meneghini.
L’inaugurazione del servizio ai Buoni Figli e’ avvenuta in sordina: nessuna presenza esterna, ma una festa molto bella in famiglia... una famiglia gioiosa e fiduciosa nella Divina Provvidenza per il futuro.
Infatti dalle 30 presenze previste nel progetto, siamo oggi saliti a 50 Buoni Figli.
Per questo anniversario, vissuto ieri nella preghiera, salga a Dio il nostro sentito Deo Gratias... ora e sempre.
“Avanti in Domino”, ci suggerisce ancora oggi il nostro Santo Fondatore.

Fr Lodovico Novaresio


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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