sabato 16 luglio 2011

Il lavoro nascosto della manutenzione

Devo onestamente riconoscere che il mio lavoro in ospedale, pur essendo molto gravoso, mi da' anche una visibilita' che non e' concessa ai Fratelli impegnati in aree meno appariscenti della Missione, ma altrettanto necessarie.
E' il caso del lavoro di Fr Giancarlo, il quale e' certamente molto meno a contatto dei volontari di quanto non lo sia io, ma svolge mansioni estremamente utili e direi essenziali per il buon andamento del tutto.
Il suo e' un lavoro dietro le quinte, senza il quale non si potrebbe comunque andare avanti.
I volontari qui presenti oggi avranno certamente notato il lavoro in reparto, le nuove machetate, le due donne morte di malaria cerebrale, i due pazienti per letto... ma forse nessuno si e' accorto che il team della manutenzione, sotto la guida di Fr Giancarlo, ha tagliato una serie di alberi, proprio davanti al dispensario, in quanto ponevano dei rischi alla sala d'attesa dei pazienti.
Questi alberi altissimi... penso siano acacie... spesso vengono spezzati da folate di vento, e rami anche molto pesanti possono piombare sui passanti e sui clienti dell'ospedale. Era necessario prevenire un incidente del genere, che avrebbe potuto essere anche mortale.
Per tagliare queste piante altissime, i nostri operai hanno addirittura rischiato la vita, arrampicandosi come atleti fino ad altezze vertiginose. Hanno lavorato alacremente con motosega, corde e panga, sotto la direzione di Fr Giancarlo... e lo hanno fatto per i malati, ne' piu' ne' meno di quanto lo abbia fatto io visitandoli o eseguendo una operazione.
La nostra missione e' una grande cordata. C'e' chi sta in posizioni visibili e chi sta in postazioni invisibili... ma tutti siamo egualmente utili per il funzionamento di questa complessa struttura che e' la Chaaria di oggi. Nessuno e' piu' importante dell'altro... ed anzi, chi e' piu' nascosto, e' meno esposto ai rischi della vanagloria.

Fr Beppe 






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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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