lunedì 4 luglio 2011

La crisi si estende al laboratorio

La grave instabilita' del personale che lavora al Cottolengo Mission Hospital non riguarda purtroppo soltanto gli infermieri.
Oggi per esempio abbiamo constatato che un nostro laboratorista e' scomparso, e gia' si trova a lavorare in un altro ospedale. Ha organizzato la "fuga" durante il week end libero dal lavoro, ed e' sparito senza salutare neppure i vicini di casa.
Ormai non mi stupisco piu' che non informino noi Fratelli che siamo soltanto dei datori di lavoro. Ormai non me la prendo piu' al pensare che loro non comprendano che noi siamo qui a sacrificare la vita ed a donarci per il bene dei poveri. Non pretendo neppure piu' che rendano conto che la nostra e' una missione e non un ospedale civile. Da tempo poi ho messo da parte l'illusione che il personale che con noi lavora, sia anche nostro amico.
La cosa che mi ha veramente sconcertato e' comunque il fatto che questa persona non abbia fatto parola con alcuno dei compagni di lavoro. Andarsene a lavorare altrove va bene... soprattutto se ti pagano di piu'; ma farlo in una maniera cosi' scorretta verso i "padroni" e verso gli altri "dipendenti" come te, mi pare davvero strano ed umanamente difficile da capire.
La settimana passata era stato via per cinque giorni ad un corso di aggiornamento sulle nuove tecniche di determinazione del test HIV. Venerdi' scorso, alla fine dell'ultima lezione di dermatologia di Federica, gli avevo chiesto se ci avrebbe tenuto lui un aggiornamento sul tema del convegno nella classe di venerdi' prossimo. Lui ha detto di si' senza battere cilio... e poi pare che il giorno seguente abbia fatto trasloco in segreto.
"Che guazzabuglio e' il cuore umano", diceva Manzoni.
Io in questo momento penso che negli attuali frangenti siamo sempre piu' chiamati ad amare gratuitamente, senza aspettarci nulla in cambio. Pensate a tutti i corsi di aggiornamento offerti agli infermieri che se ne sono andati; pensate alle ore che sia io che la dottoressa Chiapello passiamo ogni settimana per preparare le lezioni di formazione professionale permanente; pensate ai protocolli di terapia realizzati e loro trasmessi per aiutarli nel lavoro quotidiano... e poi, dopo tanti sforzi, loro se ne vanno; e tu ti ritrovi sempre con infermieri nuovi, giovanissimi, con cui devi ricominciare nuovamente tutto da capo, e che poi se ne andranno nuovamente, non appena avranno appreso a sufficienza o avranno trovato un'erba piu' verde nel giardino del vicino.
Ma noi siamo chiamati all'amore gratuito, al seminare sempre senza necessariamente vedere i frutti dei nostri sforzi.

Fr Beppe Gaido



PS: le foto del laboratorio allegate allo scritto sono di archivio... e la persona che se ne e' andata non e' nelle foto.


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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