domenica 14 agosto 2011

A voi la parola

"Il mio cuore e' stracolmo di felicita'. Per me e' la terza volta qui a Chaaria. Questa volta pero' sono stata due giorni soltanto. Ho portato con me mio marito, lui per la prima volta in Africa. E' stata per noi una "vacanza"; siamo stati dai buoni figli ed abbiamo goduto appieno del loro amore, della bonta', della tenerezza e dell'affetto che solo loro sono capaci di dare. Son passati quattro anni dall'ultima volta, e sai cosa ti dico?
Son cambiate si' tante cose; Chaaria e' cresciuta e sta crescendo, ma per me e' stato come tornare a casa. E' come se mai fossi andata via di qua. GRAZIE DI CUORE DI TUTTO.
Come sempre sarete nei nostri pensieri e nei nostri cuori".

Simo e Kikko
  


"Dopo solo 3 settimane qui, ognuno di noi potrebbe scrivere pagine intere su cio' che proviamo, ma cio' che vorremmo lasciar scritto qui, che forse piu' conta, e' GRAZIE! 

- al sorriso di Joseph all'arrivo
- alla Trinita' riunita: le sisters
- all'allegria di Grace
- alla competenza dei cuochi(!)
- alla dirigenza al completo (mai gruppo fu piu' fortunato: capitare con Marchisio e Meneghini...)
- al calore del personale della sala e dei wards
- a Giancarlo per averci mostrato la gioiosa semplicita' dell'amministrazione
- a Roberto per la sua costante disponibilita'
- a Beppe per tutti i suoi insegnamenti, iniziando alla mattina alle 8, fino alle 8 del mattino dopo. 

Comunque ce ne andremo avendo appreso dal padrone di casa (Kimani) che:
LUNEDI', MERU!
CHI NON LAVORA NON MANGIA
ANIA LAVA I PIATTI E LUNEDI' MERU!


Elena, Federica, Marco e Diego

 

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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