mercoledì 14 settembre 2011

L'incendio di Nairobi

Non so quale spazio la stampa italiana abbia dato ad una tremenda tragedia che e' successa due giorni fa a Nairobi. Si tratta di un terribile incendio che si e' sviluppato dopo lo scoppio di un oleodotto. 
Il carburante infiammato ha rapidamente raggiunto una fognatura a cielo scoperto nella baraccopoli (slum) chiamata Sinai, sulla strada che collega la capitale all'aeroporto. In un attimo le case in legno, cartone e lamiera hanno preso fuoco, e lo slum si e' trasformato in un gigantesco rogo, che ha mietuto molte vittime. 
Ad oggi si parla di 87 morti, ma molti sono i feriti gravissimi di cui si teme per la sopravvivenza. Si tratta di una tragedia annunciata. La gente che abitava lo slum, gia' da due anni aveva avuto l'ingiunzione ad evacuare la zona, in quanto pericolosa. 
Si trattava infatti di uno slum cresciuto attorno ad un oleodotto... ma il dramma della poverta' e' proprio questo: lasciare quel posto rischioso, per andare dove? E cosi' i poveri sono rimasti... e molti hanno perso la vita, a causa della loro poverta'. 
Ve l'ho comunicato perche' insieme possiamo pregare per i morti e per le famiglie distrutte.
Preghiamo inoltre per i molti che al Kenyatta National Hospital, lottano tuttora tra la vita e la morte. Anche vicino a Chaaria, e precisamente nella scuola secondaria di Kirige, e' scoppiato un incendio nel dormitorio dei ragazzi, due sere or sono. 
Fortunatamente le fiamme sono divampate verso le ore 20, quando gli alunni non erano in dormitorio. Per questo, a parte tanto spavento ed a parte il danno economico di aver perduto tutte le loro cose, nessuno e' rimasto ferito. 

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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