mercoledì 14 settembre 2011

Chissà chi ha ragione?

Oggi una mia amica dottoressa mi ha portato con lei per le visite ai villaggi dell'Uganda. E' stata una esperienza fortissima, in cui ho potuto vedere situazioni davvero poverissime.
Ma cio' che piu' mi ha colpito in quelle capanne di fango, e' stato il numero altissimo di bambini. Nessuno era denutrito perche' qui e' foresta equatoriale, e piove praticamente sempre. Li vedevo paciocconi e quasi completamente nudi, aggirasi e rincorrersi tra le baracche.
La mia amica ha intuito il mio pensiero e mi ha apostrofato, senza che io aprissi bocca: "qui fanno tantissimi figli... uno dietro l'altro.
Da sempre questo fatto li etichetta come retrogradi, sotto una visulae occidentale e di parte. Ma chissa' chi ha ragione? Qui fanno figli da quando hanno sedici anni, e poi continuano fino alla menopausa... e noi Bianchi civilizzati?
Rincorriamo la carriera e la fama. Prima, non abbiamo tempo per i figli, perche' dobbiamo studiare e specializzarci. Poi, non abbiamo tempo per i figli perche' dobbiamo mettere da parte un po' di soldi per dare loro un futuro.
Quindi, la carriera ci chiede dei sacrifici: andiamo a lavorare lontano; cambiamo citta' o anche Nazione, pur di raggiungere quell'obiettivo di carriera che pare contenere il segreto della nostra felicita'.
Ma poi, raggiunto quel posto, ci accorgiamo che la felicita' non era li'. Siamo vuoti e non siamo contenti di noi stessi. Cambiamo lavoro e speriamo nuovamente che nel nuovo posto di lavoro troveremo una felicita' che sempre ci sfugge... ed alla fine ci ritroviamo vecchi e soli.
Guarda queste mamme che allattano e che sono circondate da un nugolo di bambini! Ti sembrano infelici? A me sinceramente no!Non so se abbiamo ragione noi o loro nella filosofia di vita." 
 
Fr Beppe 

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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