Il volontariato a Chaaria ha ormai una lunga storia
che comincia nei primi anni ’90 quando un gruppo di dentisti dava vita all’ambulatorio
odontoiatrico del dispensario, mentre alcuni volontari iniziavano esperienze più
o meno lunghe presso i Buoni Figli.
Degna di nota è la presenza di un
volontario che è rimasto con noi per tre anni, a cavallo tra il 1988 ed il
1991. Per molti anni la disponibilità dei volontari è stata piuttosto sporadica
e limitata al solo periodo estivo.
La “rivoluzione copernicana” è avvenuta a
partire dal luglio del 2000, quando è iniziata l’esperienza del volontariato su
larga scala, con gruppi di persone che si sarebbero alternate durante tutto l’anno.
La nuova impostazione organizzativa del volontariato ha coinciso con il
riconoscimento dell’ospedale, e con il crescere continuo del numero di pazienti
e dei servizi da noi offerti.
Il volontariato ha poi avuto un grosso impulso
dalla costituzione della Associazione Volontari Mission Cottolengo. Il servizio
volontario a Chaaria si è sempre più caratterizzato come “sanitario”, anche se
non sono mancate le esperienze positive di alcune persone rivolte ad altri
settori della missione: attività educativa dai Buoni Figli, manutenzione varia,
costruzione di nuove strutture edilizie, impianti elettrici, ecc...
Nello
specifico sanitario il volontariato si è diversificato molto, limitandosi
inizialmente all’odontoiatria ed espandendosi successivamente ad altre
specialità sia mediche che chirurgiche. Per un certo periodo abbiamo avuto
anche allievi infermieri della scuola Cottolengo, mentre i medici purtroppo
sono sempre stati in minoranza.
A Chaaria inoltre, sono state redatte dieci
tesi di laurea in scienze infermieristiche, una in ostetricia ed una in
medicina e chirurgia. Vorrei
brevemente analizzare gli elementi positivi del volontariato a Chaaria,
partendo dalla considerazione che dai volontari si è imparato molto, dall’ecografia
ai tagli cesarei, rivelandosi così una presenza significativa e molto utile per
la progressione del nostro servizio. Le cose insegnateci sono senza dubbio una
dimensione centrale, in quanto l’ospedale di Chaaria si è diversificato grazie
a ciò che abbiamo appreso dai volontari.
Per alcuni questa dimensione formativa
è stata piuttosto chiara, edificante e motivo di gioia nel constatare che dopo
il loro passaggio qualcosa di nuovo stava cominciando. Il volontario è inoltre un portatore di
freschezza ed entusiasmo nella continuazione del nostro lavoro. Troppo spesso
la routine ci può rendere cinici, incapaci di condividere fino in fondo il
dolore altrui. Diventiamo freddi, come paralizzati nei sentimenti dal contatto
troppo continuo con la sofferenza e con la morte. Corriamo il rischio di voler
dare a tutti lo stesso livello di attenzione, perchè abbiamo paura di coinvolgerci
troppo con alcune persone che poi dovremo lasciare, o perchè muoiono o perchè
guariscono e se ne vanno.
I volontari invece sanno dare importanza alle piccole
cose: ad un sorriso, ad una delicatezza verso i pazienti...Essi diventano un
silenzioso richiamo a non lasciarci travolgere dal rullo compressore del
quotidiano che rischia di trasformarci in “macchine operatrici” senza
sentimenti e senza vero coinvolgimento.
Sanno piangere davanti ad un bimbo che
muore di malaria o di fronte ad una piccolina che viene consumata dall’AIDS...e
con queste lacrime, quasi impercettibilmente, mettono un freno al nostro
continuo correre che ci porterebbe a dire: “Ma quante storie! Non c’è tempo per
piangere per i morti, bisogna lavorare per chi è ancora vivo!”.
I volontari
sono anche la nostra “cassa di risonanza” e molto spesso lavorano per noi in
Italia più di quanto non potessero fare quando erano qui in Kenya. Alcuni
cooperano nell’apportare forze nuove per il sevizio a Chaaria; è infatti il
fenomeno del “passa-parola” che ci consente di accogliere nuovi collaboratori.
Altri poi organizzano raccolte fondi, concerti, attività parrocchiali...che
contribuiscono grandemente al nostro budget. In conclusione, desidererei ora sottolineare alcune
caratteristiche a mio avviso molto utili per tutte le persone che vorrebbero
fare o hanno fatto volontariato da noi.
1. SENSO DI ADATTAMENTO: sappiamo tutti che un ospedale rurale in Africa
non può essere ben organizzato come un moderno ospedale italiano. La struttura
qui potrebbe essere paragonata ad un enorme reparto contenente 140 posti letto,
divisi tra specialità molto diverse tra loro. A tutto questo si aggiunge il
flusso continuo e in progressivo aumento negli ultimi tempi, di pazienti
ambulatoriali. Inoltre come ho già detto, lo staff locale è molto ridotto
rispetto agli standard italiani, per cui a volte non riusciamo a seguire il
singolo paziente come invece si potrebbe fare in Italia.
2. UMILTA’ sia nel servizio che nel giudizio globale
della realtà africana. Nel servizio, pur essendo molto bello che i volontari ci
portino ad un continuo miglioramento, è necessario fare appello alla pazienza
personale per accettare che i cambiamenti suggeriti avvengano per piccoli
passi. A volte è necessaria una rivoluzione mentale per il nostro personale che
è stato formato con altri criteri, soprattutto se consideriamo che un Africano
non riesce per natura a cambiare le proprie abitudini da un giorno all’altro.
Nel giudizio globale sull’Africa invece, credo che valga quanto ci ha detto un
vecchio missionario: “Per i primi tre anni osserva e basta...se vuoi veramente
tentare di capire. Dopo puoi cominciare ad esprimere qualche umile parere.”
3. COMPRENSIONE: noi Fratelli siamo sempre in vetrina
in quanto viviamo 24 ore al giorno con i volontari. A volte è difficile per noi
adattarci a personalità completamente diverse che si alternano nella nostra
comunità a velocità alquanto elevata. Passiamo da persone pacate ad altre molto
esuberanti; da gente che ha bisogno di solitudine ad altri che preferirebbero
stare sempre in gruppo e via dicendo... Non sempre è facile passare da un
chirurgo che richiede tutto il nostro sforzo per migliorare la sterilità, ad un
pediatra che invece ritiene che l’ospedale si debba concentrare soprattutto
sulle pappette e sulle soluzioni reidratanti. In ultimo dico che non possiamo
essere sempre al meglio: a volte anche noi attraversiamo momenti
difficili. Desidero concludere con
una parola sul volontariato dai Buoni Figli che è senz’altro utile ma molto più
complesso. Parecchi volontari non si sono trovati bene in tale settore per
diversi motivi.Un aspetto complesso è che in tale tipo di servizio ci sono
parecchie ore libere in cui il volontario può impegnarsi con varie attività di
animazione (una partita a dama, suonare la chitarra, una partita a calcio...);
se però non riuscisse ad organizzarsi in questo senso, potrebbe provare un
senso di inutilità che è dannoso. Collaborare alla scuola speciale o alle
attività occupazionali costituisce anch’esso un problema per molti: sono
compiti ripetitivi e che richiedono molta pazienza. Credo di poter affermare
che il volontariato dai Buoni Figli sia più complesso di quello in ospedale, in
quanto richiede una discreta conoscenza dell’Inglese per la comunicazione con
il personale, una scorta abbondante di pazienza per interagire con i ragazzi, e
uno sviluppato senso del servizio condito da una buona dose di fantasia.
Fr Beppe Gaido
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