venerdì 7 ottobre 2011

Un dovuto riconoscimento

Dopo la grande soddisfazione della lancia asportata dal costato della donna, sono continuati interventi molto impegnativi, come una colecistectomia assai difficile per anomalie dell'albero biliare, o una peritonite secondaria ad appendicite retrocecale perforata. 
Tali operazioni, per il passato improponibili a Chaaria, sono state possibili non solo per la presenza di un ottimo chirurgo italiano e di una specializzanda in chirurgia altrettanto brava, ma anche per quella del nostro nuovo anestesista Cleophus che si sta dimostrando veramente bravissimo. 
E' in grado di intubare velocissimamente e sa gestire una anestesia generale con paziente rilassato ed in respiratore, anche per 5 ore (tante sono state le ore di intervento per la colecistectomia complicata). 
Le qualita' di Cleophus, che inizio a conoscere solo ora al termine del periodo di prova, fanno di lui un altro elemento di sviluppo esponenziale per la attivita' chirurgica del nostro ospedale. Infatti un chirurgo italiano volontario potra' da oggi sempre contare sulla possibilita' di una anestesia generale, anche se non potra' venire a Chaaria insieme ad un anestesista italiano. Il respiratore funziona bene, e Cleophus lo conosce perfettamente. 
Tra l'altro, in settimana programmeremo anche una tiroidectomia. Ritengo che questo sia un messaggio molto importante per i chirurghi che si preparano a venire a Chaaria. 
Inoltre le qualita' del nostro nuovo anestesista superano e rendono obsoleto il numero 3 della presentazione sulle problematiche chirurgiche che avevo riproposto alcuni giorni fa su questo stesso blog. 
Ringraziamo la Provvidenza per Cleophus, e pensiamo soprattutto a quante persone in piu' potremo aiutare anche grazie alla sua presenza. 

Fr Beppe Gaido



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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