domenica 13 novembre 2011

Amici polacchi



Il rapporto di Chaaria con la Polonia ha ormai un certo numero di anni. Con gli amici polacchi abbiamo una collaborazione frequente e feconda, che ha portato a Chaaria medici competenti e volenterosi che si sono prodigati per i nostri malati.
Quello che sempre ho apprezzato dei giovani medici polacchi e' da, una parte, la grande competenza professionale, e, dall'altra, un grande rispetto per il medico anziano, da cui essi sempre vogliono dipendere ed imparare.Il nostro primo contatto con la Polonia e' avvenuto tramite i Padri Francescani Conventuali Polacchi, i quali hanno alcuni conventi qui in Kenya.
Nella foto vedete Piotr Bielak, che non e' un medico, ed a Chaaria ci e' stato solo un paio di giorni... quando era malato di malaria, ed e' stato da noi curato.Piotr e' un volontario associato ai Francescani Conventuali della Diocesi di Lublino, ed ha prestato servizio a Ruiri presso la casa per esercizi spirituali dei Francescani stessi.Da quando ha conosciuto Chaaria a motivo della sua malattia, Piotr e' diventato un grande amico e sostenitore, e ci aiuta dalla Polonia dove ora e' ritornato, parlando di noi, e facendo conoscere la spiritualita' cottolenghina nella sua patria.
La foto e' stata scattata a Ruiri l'anno scorso.Piotr e' in contatto con noi con la preghiera e con l'aiuto materiale.Insieme a lui, ringraziamo tutti i volontari polacchi che sono venuti a Chaaria finora e che spesso guardano il blog: mi dicono che la traduzione automatica di google in polacco e' piu' simile al cinese che alla loro lingua... ma che comunque cercano di immaginare cosa voglio dire di volta in volta.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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