venerdì 18 novembre 2011

Ann Mary Kangai

Era nata pretermine all’ospedale di Matiri.
Era una “settimina”, e pesava meno di due chilogrammi.
La mamma era morta poco dopo il parto per complicanze del periodo puerperale.
Il padre si era trovato solo, depresso, ed incapace di prendersi cura della nuova creatura che Dio aveva loro donato, prendendosi pero’ la consorte.
Si era quindi rivolto per aiuto a Rita Drago, che da trent’anni e’ come l’angelo custode di tutti i poveri di Matiri.
Rita ha un suo orfanotrofio, ma non e’ attrezzata per prendersi cura dei neonati o dei bimbi pretermine... ecco che quindi e’ scattata la catena dell’amicizia e della collaborazione. Mi ha scritto chiedendo aiuto per questo papa’ disperato; ed io, con il consenso dei confratelli, ho potuto dire di si’.
Ann Mary Kangai e’ stata ricoverata quindi nel nostro “nido”, dove per un certo periodo ha abitato in una delle nostre incubatrici.
Poi, quando le condizioni generali lo hanno permesso, e’ stata trasferita nel dipartimento degli orfanelli, dove e’ cresciuta senza particolari problemi, e senza gravi problemi di salute.
Oggi, dopo circa tredici mesi dal ricovero presso il Cottolengo Mission Hospital, il papa’ e’ venuto a riprendersela per portarla a casa.
Il genitore e’ stato molto soddisfatto nel vedere le ottime condizioni della bambina: pensate che noi non lo sapevamo che sarebbe venuto, in quanto questo padre si e’ presentato improvvisamente con una lettera testimoniale da parte di Rita, senza prima avvisarci con alcuna telefonata. Ha quindi potuto vedere le condizioni normali in cui la sua piccola Kangai e’ stata tenuta per i primi tredici mesi della sua vita.
Rita, nella sua lettera, era piena piena di riconoscenza verso di noi.
Sinceramente oggi proviamo una grandissima soddisfazione, come per una “mission accomplished”: abbiamo aiutato questa bimba ed il suo papa’, per il tempo in cui la nostra azione e’ stata necessaria.
Ora la lasciamo tornare ai suoi affetti piu’ veri.
E’ questa la nostra missione: esserci per il tempo in cui siamo indispensabili, e poi lasciare che i poveri che abbiamo assistito ci salutino e ci lascino soli. Siamo sicuri che non rivedremo mai piu’ ne’ Kangai, ne’ suo padre... ma non importa!
La nostra missione e’ finita oggi!
Credo che anche per noi si applichi il famoso brano che Tagore dedica ai genitori, quando a loro ricorda che essi sono come l’arco che lancia i figli verso la vita... non si puo’ proiettare nessuno, se non si ha il coraggio di lasciarlo andare.
E noi l’abbiamo lasciata andare in un pomeriggio colmo di sole, dopo una nottata di pioggia torrenziale.
Kangai significa “figlia della pioggia”; ed in questa stagione delle piogge, un anno dopo quella che l’aveva vista venire alla luce, la piccola Ann Mary comincia la sua nuova vita con il babbo e con la sua nuova famiglia.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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