giovedì 22 dicembre 2011

Buon Natale Chaaria e grazie...


Mi piacerebbe molto vivere le Feste Natalizie a Chaaria.
In confronto ai nostri Natali di stile “nordico” con neve, Babbi Natale, renne ed armamentario scandinavo di pini ed abeti riccamente addobbati, sicuramente Chaaria è più vicina alla Natività Originale: povera gente, capanne, magri armenti, pastorelli scalzi e polverosi, sorrisi ed entusiasmo sincero, canti straordinari e movenze di ballo durante la messa con Mururo serio e compito. Niente stress da regali, niente serie interminabili di abbuffate.
Quindi Chaaria ti mando il mio Buon Natale: Domenica ti penserò.
Ma voglio anche approfittare per ringraziarti dei tanti doni che ho ricevuto da te: aver conosciuto un mondo diverso, affascinante e crudele, aver incontrato persone, i Fratelli e le Sorelle del Cottolengo che hanno deciso di spendere la loro vita non per sé ma per gli altri obbedendo a regole severe e mi costringono a pensare cosa ho fatto della mia vita, aver condiviso queste sensazioni con molti volontari continentali e non, giovani(evviva) e meno giovani (evviva), sia in missione che in Italia ed aver imparato da loro entusiasmo e rigore.
Tra pochi giorni sarò lì e ti ringrazio anticipatamente dell’accoglienza sempre calorosa, per l’abbraccio di Mururo e Kemani, il sorriso eroico di Naomi, i madasi ed i chappati al coffe.break, le sudate in Sala Operatoria; farei volentieri a meno del canto del gallo in piena notte, ma forse quella gigantesca luna o le luminosissime stelle gli fanno credere sia già l’alba.
Buon Natale Chaaria, a presto e grazie.

Max Albano


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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