sabato 3 dicembre 2011

Un sabato qualunque


Anche oggi a tutte le ore centinaia di mamme e papà hanno bussato alla porta dell'ospedale. Portavano i loro piccoli dopo ore e ore di cammino a piedi o in bicicletta. Per una coppia di genitori è stato troppo tardi. 
La malaria aveva già cantato vittoria sul corpicino indifeso della loro Dorcas. Oggi è giunta anche una giovane donna. Era stanca e sporca di terra. Stringeva al petto la sua bimba di pochi mesi ormai in coma per la malaria. Nel suo sguardo ho visto disperazione, paura e supplica fiduciosa di un miracolo. In pochi minuti sono riuscito a trovare la giugulare per la trasfusione di sangue. 
Ero convinto che dopo quell'intervento la piccola si sarebbe ripresa. Invece non ce l’ ha fatta e Florah è andata in paradiso dopo le prime gocce di sangue infuso. Il suo cuore era già scompensato e non ha saputo reagire, neppure quando il flusso vitale ha iniziato ad entrare nelle sue vene
Ho avvertito un dolore infinito. Quella mamma ha abbracciato per l'ultima volta la figlia - gli occhi gonfi di dolore e il volto sconfitto. 
Poi ha chiesto di andare a casa immediatamente anche se era notte, per ritornare dagli altri figli che ancora hanno bisogno della sua protezione... Per Florah ormai non c’era più molto da fare. Dopo cena abbiamo portato al cimitero tre bambini di pochi mesi, una ragazza di nove anni deceduta per insufficienza cardiaca e una giovane di venti morta per HIV. 
Onestamente sono sempre molto scosso quando faccio questo servizio, anche dopo molti anni. Sotto questo cielo  la vita è davvero dura!

Fr Beppe


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....