lunedì 16 gennaio 2012

I mango

Sono a mio giudizio il frutto piu’ buono e piu’ dolce che abbiamo qui a Chaaria. Ci sono due stagioni per la raccolta dei mango: una minore ad aprile ed una piu’ lunga tra inizio dicembre e fine febbraio. 
I mango sono diventati una coltivazione molto diffusa ed assai redditizia a Chaaria: vengono venduti ai “grossisti” in parte per l’esportazione. Ma i rami del maestoso albero di mango sono molto teneri e resistono pochissimo al peso del corpo umano: purtroppo molti bambini in questo periodo si arrampicano su queste piante alla ricerca del delizioso frutto, e non e’ infrequente che precipitino a terra insieme al ramo stesso. 
Si tratta sovente di traumi importanti: fratture costali, rotture di milza (soprattutto in ragazzi affetti da splenomegalia), fratture degli arti superiori o inferiori. 
E’ quindi un periodo di grande incidenza per le patologie traumatologico-ortopediche, e l’ingessatura e’ una procedura assai richiesta. 
Recentemente abbiamo anche avuto un caso di una bambina che, cadendo dall’albero si e’ “impalata” su un ramo, con una lacerazione tremenda ai genitali... per fortuna siamo riusciti a riparare la lesione. I mango sono quindi portatori di miglioramenti economici per molte famiglie; sono veramente deliziosi al palato... ma spesso portano anche con se’ dei gravissimi traumi, con sofferenze non da poco per i genitori. 

Fr Beppe Gaido 


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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