sabato 17 marzo 2012

Hania ritorna in Polonia



Dopo quasi cinque mesi di servizio ineccepibile, oggi con il cuore in gola abbiamo salutato Hania, giovane dottoressa polacca di Poznan, che per lungo tempo e’ stata il punto di riferimento del reparto donne.
Hania ha lavorato sempre con grandissima dedizione e generosita’. Ha saputo unire una grande competenza professionale, ad un carattere gioviale che le ha permesso di collaborare benissimo sia con il personale locale che con i volontari italiani.
Per me e’ stata una validissima collaboratrice ed un “braccio destro” sicuro nel campo della medicina interna e della gestione dei ricoverati.
Mi mancheranno le sue risate, le sue battute di spirit, e soprattutto la sua puntualita’ ed instancabilita’ nel prendersi cura dei pazienti.
Hania e’ un altro elemento molto positivo nella schiera di quei volontari polacchi che hanno lasciato a Chaaria un’ottima impressione ed un ricordo indelebile.
Non so se la vita ci permettera’ di incontrarci ancora, perche’ Hania dovra’ continuare con la sua scuola di specializzazione, ma sono sicuro che lei lavorera’ per noi in Polonia portando ad una maggior conoscenza dell’opera da noi svolta a Chaaria. Credo che anche questo sia “annuncio” e diffusione della spiritualita’ cottolenghina in Europa.
Con Hania abbiamo condivisio anche la fede e l’amore per lo spirito del nostro Santo, e cio’ costituisce un ulteriore punto di unione tra di noi.
Prima di partire Hania ci ha donato anche una sacca di sangue per i nostri pazienti, segno ulterior della sua generosita’. Lo ha fatto in segreto, parlando direttamente con il laboratorista, ed io mi sono accorto del suo dono solo dopo la sua partenza, quando ho avuto bisogno di trasfondere un poveretto con 4 grammi di emoglobina.
“Buona fortuna per la vita intera e buon ritorno in Polonia”.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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