lunedì 5 marzo 2012

Povere donne

Subito dopo pranzo, dimenticandomi la piccola siesta, si comincia l’avventura dell’ambulatorio, cercando di dare il massimo di attenzione ai problemi di ognuno. Sono spesso problemi complicati, che richiedono tanta attenzione e pazienza. 
E’ duro soprattutto con le donne che non riescono ad avere bambini. Spesso non è possibile aiutarle, perché i loro problemi sono cronici e praticamente insolubili. Ma come fare a dirglielo? 
Qui l’adozione non è accettata, e meno ancora lo è tra le popolazioni di Isiolo. Il marito normalmente si considera immune da problemi dell’area sessuale, per cui è sempre la donna ad essere ritenuta responsabile di ogni tipo di infertilità. 
Se la donna non riesce ad avere bambini, i casi sono due: o diventa una seconda moglie, e deve accettare che il marito abbia un’altra partner da cui avrà figli e che quindi riceverà più attenzioni; o spesso viene mandata via ( sembra di essere nel Vecchio Testamento!). 
Tenendo poi presente le tradizioni locali per cui solo i maschi possono ereditare e la donna deve ricevere il sostentamento dal marito, si comprende come una donna ripudiata per infertilità sia in effetti una persona finita: non avrà speranze di risposarsi e non riceverà né soldi né terra o casa dal marito che l’ha ripudiata. 

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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