venerdì 20 aprile 2012

Il mercato davanti alla missione

Il nostro Centro si trova in un villaggio a un chilometro da Chaaria market, vicino alla chiesa parrocchiale. La missione e l’ospedale sono raggiungibili solo attraverso una strada sterrata. Il nostro è l’unico presidio ospedaliero nell'arco di 50 chilometri verso il Tharaka, e serve comunqueun’area molto estesa che comprende quattro distretti: Meru Central, Tharaka, Meru North e Isiolo. Fronteggiamo ogni giorno grossi problemi sanitari per una popolazione particolarmente esposta a malattie gravi e spesso sprovvista dei mezzi per curarsi. Anche la mortalità infantile è altissima. La gente viene qui perché teniamo i prezzi bassi. Già, perché in Kenya la sanità è a pagamento: per curarti devi pagare, altrimenti grazie e arrivederci. Il “boom” che Chaaria ha sperimentato negli ultimi anni è arrivato, di fatto, solo grazie al nostro ospedale. Molti sono venuti a lavorare da noi: chi come infermiere, chi come addetto alle pulizie, qualcuno come cuoco o autista, altri come guardiani. Sono state persino realizzate delle case in muratura da affittare ai nuovi dipendenti. Sono aumentati i trasporti da e verso Meru ed è nato un fiorente mercato proprio davanti al cancello dell’ospedale. Quando guardo fuori dalla finestra, sembra di stare in un bazar. È uno spettacolo di odori e colori, di quelli che si vedono solo nelle periferie del Sud del mondo, dove ritrovi un’umanità che non sembra quasi vera. Umiltà, semplicità, condivisione della sofferenza. Qui la vita va avanti proprio grazie a questo. Alla solidarietà di chi divide sempre il suo tozzo di pane, anche se sta morendo di fame. E al bene comune che fa di un villaggio una vera, grande, casa. Dove c’è posto per tutti. 

Fr Beppe 


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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