C’e’ poi l’altro elemento essenziale per la mia spiritualita’, e cioe’ che i poveri sono Gesu’.
Questa cosa ha creato dei problemi a certa critica contemporanea un po’ settaria, in quanto sembra che il Cottolengo ci proponga una certa sostituzione indebita di persone: c’e’ chi ha scritto che io devo amare quel povero che si chiama Giuseppe, Maria od Antonio, e che devo amarli nel nome di Cristo. Se amo Gesu’ in loro e’ come se io sposassi una donna pensando sempre ad un’altra!
Onestamente, questa a me pare una sottigliezza che non colgo fino in fondo: per me dire che in Giuseppe, Maria od Antonio c’e’ Gesu’, non significa mancare loro di rispetto, ma implica una dedizione ancora piu’ totale e piena di donazione.
Anzi, per quel Gesu’ che amo nel povero io cerco di essere non solo professionalmente ineccepibile, ma anche pieno di tenerezza.
Ecco perche’ ritengo che nel servizio, tutti noi dobbiamo tentare di diventare mamme! sabato 21 aprile 2012
La novena in onore del Cottolengo
C’e’ poi l’altro elemento essenziale per la mia spiritualita’, e cioe’ che i poveri sono Gesu’.
Questa cosa ha creato dei problemi a certa critica contemporanea un po’ settaria, in quanto sembra che il Cottolengo ci proponga una certa sostituzione indebita di persone: c’e’ chi ha scritto che io devo amare quel povero che si chiama Giuseppe, Maria od Antonio, e che devo amarli nel nome di Cristo. Se amo Gesu’ in loro e’ come se io sposassi una donna pensando sempre ad un’altra!
Onestamente, questa a me pare una sottigliezza che non colgo fino in fondo: per me dire che in Giuseppe, Maria od Antonio c’e’ Gesu’, non significa mancare loro di rispetto, ma implica una dedizione ancora piu’ totale e piena di donazione.
Anzi, per quel Gesu’ che amo nel povero io cerco di essere non solo professionalmente ineccepibile, ma anche pieno di tenerezza.
Ecco perche’ ritengo che nel servizio, tutti noi dobbiamo tentare di diventare mamme! Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.
Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.
Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.
Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.
Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.
E poi, andare dove?
Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.
Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.
Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.
Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.
Questo è quello che facciamo, ogni giorno.
Fratel Beppe Gaido
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