giovedì 12 aprile 2012

Il servizio ai Buoni figli


E’ parte integrante della spiritualita’ cottolenghina.
Il nostro santo li chiamava Buoni Figli come provocazione e come contraltare alla cultura vigente ai suoi tempi, che li definiva “fatui”, “scemi” e via dicendo. Egli soleva dire che non sono tali; essi sono anzi i nostri figli, i nostri buoni figli perche’ essi sono sempre e solo innocenti.
Il Cottolengo continuava dicendo che essi sono i padroni della Piccola Casa, volendo con questo sottolineare la centralita’ da essi occupata nel nostro cuore e nelle nostre giornate.
Li definiva “le nostre perle, le nostre vere gemme”.
E’ con questo spirito che a Chaaria, come in tutte le altre case cottolenghine, diamo estrema importanza e centralita’ ai 50 ospiti del centro Buoni Figli. Li serviamo nel corpo, assicurando loro prestazioni alberghiere che siano degne del rispetto che meritano.
Ma li serviamo anche nella mente e nello spirito, con la scuola speciale, l’attivita’ occupazionale, gite e momenti di svago, incontri di preghiera e catechesi, celebrazione della santa Messa.
Il servizio al centro Buoni Figli ci e’ molto caro, e non e’ assolutamente di secondaria importanza rispetto all’ospedale: sono aree molto diverse, ma sono unificate dall’elemento central della spiritualita’ di San Giuseppe Cottolengo. Noi siamo i servi dei poveri ed in essi cerchiamo e contempliamo il volto di Cristo, mettendoci a sua disposizione giorno e notte, “anche con il sacrificio della vita”.
Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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