lunedì 23 aprile 2012

Perforazione ileale


Kendi e’ stata ricoveratata per una massa dura e palpabile in regione paraombelicale destra.
Chi ce la aveva mandata aveva pensato ad un fibroma uterino peduncolato.
La consistenza avrebbe anche potuto suggerire quella diagnosi, ma onestamente si trovava troppo lontano dall’utero stesso.
Prima di decidere il tipo di intervento, Pietro mi ha giustamente richiesto una ecografia, che, nonostante la consistenza palpatoria, ha invece rivelato una matassa di anse intestinali.
A Pietro e’ sembrato strano, perche’ la massa persisteva da tempo e la paziente non era occlusa, ma ha comunque definito l’operazione come “appetitosa”.
Aprendo l’addome, si e’ notato che la diagnosi ecografica era corretta: un pacco di anse ileali era fermamente aderente al peritoneo parietale. E’ stata dura fare l’adesiolisi, ma con pazienza certosina Pietro ce l’ha fatta. La matassa interessava gli ultimi 30 cm di ileo.
La domanda che sempre Pietro si faceva, mentre sbrigliava l’intestino, era il perche’ di un tale macello. Poi, a meno di 5 cm dalla valvola ileo-cecale, si e’ scoperta l’origine della peritonite saccata e delle aderenze: si trattava di una perforazione ileale, probabilmente subito tamponata sia dall’omento che dalla parete addominale… ragion per cui la paziente non era occlusa e non aveva una peritonite generalizzata.
Trovandoci di fronte ad una perforazione molto vicina alla valvola ileo-cecale, e considerando il fatto che l’ultima ansa del tenue appariva molto edematosa ed eritematosa per almeno 15 cm, Pietro ha optato per una resezione ileale con anastomosi latero-laterale al colon ascendente.
E’ stato un intervento complesso, o se vogliamo “appetitoso”, per cui ancora una volta ringrazio Pietro e la giovane collaboratrice Alice.
Intendo sottolineare anche il fondamentale contributo di Jesse che, da quando abbiamo il Jolly Trony Ventilator, non ha problemi ad intubare e “generalizzare” i pazienti.
Nella nostra situazione epidemiologica la causa piu’ importante di perforazione ileale e’ la febbre tifoide: per questo la paziente e’ ora coperta con cloramfenicolo nel post operatorio, che sta per altro procedendo senza problemi.
Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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