martedì 24 aprile 2012

Un gran finale appetitoso


E cosi’ anche la lunga esperienza di Pietro, per 6 settimane a Chaaria, giunge al termine.
Anche oggi, come sempre, ha trascorso una giornata lunghissima in sala operatoria, dal mattino alle 8 alla sera tardi.
Anche oggi ha avuto la sua “appetitosa” emergenza con una laparatomia d’urgenza a causa di una peritonite, secondaria a volvolo del piccolo intestino con necrosi e perforazione delle anse.
Personalmente non ho parole per esprimere quello che sento.
Desidero solo dire a Pietro un grazie enorme per il lavoro eccezionale che ha compiuto: abbiamo operato dale 8 alle 10 persone ogni giorno, compresi i sabati in cui la sala era operativa a tempo pieno…senza contare poi i cesarei urgenti a tutte le ore, comprese pure le domeniche.
Pietro mi ha anche sollevato per le gastroscopie, e si e’ sobbarcato una fetta ingentissima dell’ambulatorio.
Caro Pietro, posso solo dirti che ti sono tanto riconoscente e che anche quest’anno mi hai dato una testimonianza limpidissima di umilta’, di competenza, di estro chirurgico e soprattutto di dedizione instancabile ai malati.
Grazie perche’ anche quest’anno hai saputo insegnarmi cose nuove, sia nella chirurgia intestinale che nell’approccio paraombelicale all’appendicite semplice e retrocecale.
Grazie soprattutto perche’ anche quest’anno ho toccata con mano la tua amicizia.
Queste parole non esprimono certamente tutta la riconoscenza che ho nel cuore.
Ti lascio un abbraccio anche a nome delle infermiere di sala, di Naomi, dei Fratelli, delle Suore e di tutti i pazienti che hai operato.
Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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