giovedì 10 maggio 2012

Situazione molto grave per il sangue


Da quasi due mesi a questa parte i kits per i test HIV sono quasi introvabili in Kenya.
Abbiamo chiesto a tutti gli uffici competenti e ci dicono che si tratta di un problema generale dovuto al flusso di donazioni internazionali.
Le banche del sangue poi sono vuote perche’ le scuole sono chiuse e gli studenti sono la sola fonte di donazione di sangue.
Ecco quindi che siamo in una situazione mai verificatasi prima: sangue dalla banca non ne riceviamo, e sangue dai donatori non possiamo raccoglierne perche’ non possiamo “screenarlo” per HIV.
Questo sta creando delle situazioni veramente stressantissime, soprattutto per l’emergenza: pensate ad una emorragia post-partum, oppure ad un bambino che sta morendo di anemia mentre tu hai davanti un genitore che vorrebbe donare, ma tu non puoi fare i test per sapere se il sangue e’ pulito!
Oggi ho avuto un colloquio telefonico con il distretto. Loro dicono di essere nella stessa situazione! Ci hanno pero’ detto che potrebbero fare il test HIV usando la macchina per l’E.L.I.S.A. Mi hanno quindi invitato a prelevare il sangue dal donatore ed a portarlo con l’ambulanza a Meru. Loro lo “screenano” per noi e ce lo ridanno.
Ok! Questo e’ gia’ un primo passo che puo’ esserci utile soprattutto per gli interventi programmati, ma non risolve certo le problematiche dell’urgenza, soprattutto notturna.
Oggi per esempio mi trovo in ospedale che una sola sacca di sangue zero positivo. Ne ho gia’ prelevato 40 ml per trasfondere un neonato di due chili con emoglobina a 4 grammi. Il resto della sacca lo tengo li’, cercando di centellinarlo, e sperando che il prossimo anemico sia un bimbo... perche’, se fosse un adulto, con il poco sangue che ci rimane non gli modifichiamo l’emoglobina neppure di una virgola.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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