giovedì 28 giugno 2012

Piccoli passi di miglioramento


Sotto la spinta di varie commissioni di viglilanza governative, abbiamo iniziato un serio piano di miglioramento dei nostri servizi. Sarebbe per me impossibile adesso sintetizzare un momento di grande fermento in cui tutto lo staff sembra molto interessato a collaborare attivamente, sia per timore di eventuali conseguenze penali, sia per la paura che qualcosa possa essere pianificato contro il nostro ospedale che tanto bene sta facendo soprattutto per le fasce di popolazione meno abbienti.
Cito alcune delle cose che gia’ hanno preso forma e da cui speriamo di non tornare indietro:

1)  Si sono definite meglio le mansioni dei singoli infermieri presenti in reparto in un dato giorno. Ci sara’ quindi un infermiere incaricato di ordinare le medicine, un altro responsabile della raccolta dei segni vitali dei pazienti prima della visita medica, mentre altri si prenderanno cura dell’igiene personale e delle medicazioni dei decubiti. Abbiamo iniziato lezioni di nursing al giovedi’, focalizzate soprattutto sulla gestione dei bisogni elementari e dei cambiamenti di posizione dei malati alettati, al fine della prevenzione delle pieghe da decubito. Tutti i giorni un infermiere segue il giro visita, al fine di coordinare meglio le prescrizioni del medico con la somministrazione delle medicine.
2) Si e’ creato una nursing station, e cioe’ una postazione infermieristica , in ogni camera. Si e’ inoltre iniziata una cartella nursing che in Kenya si chiama Cardex. Inoltre in ogni camera abbiamo provveduto un kit per la rianimazione, inclusi ambu e bombola ossigeno.
3)  Per il nido si e’ chiusa la porta che da’ sul corridoio. Ad esso si puo’ accedere solo dalla stanza delle mamme e si devono usare sovrascarpe e camici di protezione. Solo le donne che allattano i prematuri delle incubatrici vi possono accedere.
4)  Al fine di ridurre al minimo le possibilita’ di contagio, tutti i pazienti ambulatoriali con TBC sono stati accorpati con appuntamenti al venerdi’. Nel giorno prefissato, essi vengono visitati dal clinical officer Martin nel nostro CCC (comprehensive care clinic... casetta di legno vicina al cancello degli inpatients). Per i clienti ambulatoriali con HIV diamo appuntamenti di circa 20 persone al giorno tra il lunedi’ ed il giovedi’ nello stesso CCC. Evitiamo quindi che gli immunosoppressi facciano anticamera con malati tubercolotici, mentre questi ultimi non passano piu’ tante ore insieme agli altri clienti nella sala d’attesa, ma hanno un luogo dedicato ed un giorno fisso per loro.
5)  Abbiamo inoltre istruito i nostri watchman per un “triage” che abbia come target la tubercolosi: tutti i clienti con tosse o con condizioni generali scadenti vengono fatti passare prima degli alri, senza rispettare la coda... al fine di ridurre il tempo in cui essi rimangono nella sala d’attesa a tossire, e potenzialmente infettare altri.
6)  Tutti i bambini di eta’ inferiore ai 5 anni non fanno piu’ anticamera con gli altri pazienti, ma vengono inviati direttamente al “CDF building” dove un clinical officer li visita in tempi brevi... anche questo ha lo scopo di ridurre la trasmissione tubercolare nella sala di attesa ad una fascia di eta’ particolarmente vulnerabile a motivo della loro situazione immunitaria.
7)  Il dottor Ogembo fara’ il giro letti insieme ad Anderson nel reparto donne al giovedi mattina.

Tutte queste innovazioni, e molte altre su cui stiamo lavorando, speriamo possano sia accontentare quelli della vigilanza, sia far piacere ai volontari che vedono il nostro sforzo di tendere ad uno standard di servizio sempre piu’ elevato, e sia soprattutto essere di giovamento ai nostri malati che sono il fine ultimo per cui spendiamo la nostra vita a Chaaria.

Fr Beppe Gaido




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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