mercoledì 20 giugno 2012

Stefania, Debora e Giovanni


Oggi hanno concluso la loro missione a Chaaria, dopo tre settimane di intenso lavoro e donazione.
Ringraziamo tutti per quanto ci hanno donato in questo pezzo di vita vissuto insieme.
A Stefania dico grazie per il servizio nel “reparto generale” e per la buona collaborazione con i colleghi infermieri del Kenya.
A Debora ripeto lo stesso ringraziamento con particolare riferimento all’ottima collaborazione con il personale africano della pediatria e della maternita’.
Non e’ mai facile per un italiano che lavora in rianimazione o in un reparto di trapiantati di fegato adattarsi ai nostri limiti strutturali ed alla mentalita’ cosi’ diversa degli infermieri locali. Il modo di intendere la professione ed i mezzi per mettere in pratica le proprie competenze sono cosi’ diversi tra Italia e Kenya che penso al momento gli infermieri siano la categoria professionale con maggiori difficolta’ di inculturazione e di adattamento, anche perche’ purtroppo non ho un infermiere stabile italiano che possa lavorare al loro fianco ed introdurli pian piano alla conoscenza delle nostre problematiche e dei nostri limiti.
Ma sia Debora che Stefania hanno superato brillantemente l’esame dell’inculturazione!
Un grazie speciale e particolarmente sentito a Giovanni, specializzando in chirurgia al quinto anno, e persona splendida. Con lui ho lavorato tutti i giorni, gomito a gomito... ed ho avuto modo di apprezzare sia la sua competenza professionale che la sua grande umilta’.
Giovanni mi ha aiutato sempre, ed in particolar modo ricordo i due addomi acuti in cui, grazie a lui, siamo riusciti a fare una amputazione di cieco ed una anastomosi ileo colica.
La cosa bella di Giovanni e’ che si e’ adattato senza problemi alle non facili condizioni lavorative e non ha mai espresso una parola di critica: ho trovato in lui una persona di unita’ e di collaborazione.
Lo ringrazio anche per l’ottima relazione lavorativa con Andrew, il ginecologo di Malta, e per l’impegno nello smaltimento dei pazienti ambulatoriali.
Da ultimo il mio grazie per tutti e tre si estende al fatto che ci hanno voluto dare pure una sacca del loro sangue!
La loro esperienza e’ stata resa possibile dalla buona padronanza della lingua inglese, senza la quale Stefania e Debora non avrebbero potuto colloquiare autonomamente con i colleghi kenyoti, mentre Giovanni non avrebbe potuto lavorare con Adrew o con le ragazze della sala operatoria.
A tutti vada il nostro grazie e i nostri auguri piu’ sinceri per tutto quello che il futuro a loro riservera’... e, se Dio vorra’, sara’ bello potersi rivedere e collaborare ancora qui a Chaaria.
Vi assicuriamo la nostra preghiera!

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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