giovedì 2 agosto 2012

10 anni di Chaaria


Erano le 4 del pomeriggio quando Fr. Lorenzo aprì la porta del pickup cabinato nel cortile della casa dei fratelli a Chaaria. Loredana, Massimo, Carla ed io scendemmo abbastanza frastornati dalle 6 lunghe ore di viaggio tra i bagagli. Io e Carla eravamo alla prima esperienza di Volontariato e alla prima esperienza di Africa. Tutto ci sembrava strano ed insolito.
Fr. Maurizio ci fece da cicerone e ci portò a vedere il padiglione dei buonifigli e l’ospedale.
L’ospedale era piccolino e sovraffollato anche se era sabato pomeriggio e in teoria non c’erano out patients.
La struttura era divisa in alcune stanze adibite a reparto ed alcune a sale visita. Una nuova struttura con 2 cameroni (attuale pediatria) stava per essere inaugurata mentre la nuova lavanderia/stireria funzionava a pieno regime. Fine.
Questo era il Chaaria Mission Hospital. A me sembrava una cosa stupefacente. Mi sembrava già tantissimo. Mai avrei pensato che quello era solo l’inizio.
In realtà, poi, mi spiegarono che quello era già considerato un buon punto d’arrivo di un progetto partito negli anni 80 ad opera di Fr Lodovico.
Il giro poi terminò in room 17. C’era Fr. Beppe ad aspettarci. Ricordo che era particolarmente stanco perché aveva appena finito una revisione uterina.
Quel giorno cominciò la mia amicizia con Chaaria.
Per 10 anni, tutti gli anni, sono tornato. E tutti gli anni la Chaaria che incontravo era diversa da quella che avevo lasciato l’anno prima. Una continua costante metamorfosi che non ha avuto tregua: I reparti grandi, la sala operatoria, l’obitorio, gli ambulatori per il counseling, gli uffici, la fisioterapia…. E queste sono solo alcune delle opere più grandi, ma vanno considerate anche una miriade di piccole cose che ai più sfuggono, ma che vanno in un’unica direzione: aiutare i poveri.
A chaaria non esiste la “sindrome da reparto vuoto”. La sensazione, anzi, è che non ci saranno mai cameroni abbastanza ampi da contenere tutti.
Una sindrome in controtendenza con quanto sta accadendo nel Meru e nel Tharaka, dove gli ospedali sono spesso vuoti a causa dei costi troppo elevati per la maggioranza della popolazione.
A Chaaria invece si curano tutti. E nessuno viene lasciato solo.
Beppe dice sempre che è grazie alla Divina Provvidenza che Chaaria è così com’è.
Non lo metto in dubbio.
Dico solo una grossa mano gliel’hanno data Beppe, GianCarlo, Maurizio, Lorenzo, Roberto e tutta la comunità dei fratelli.
Noi di qui, sia come singoli che come associazione non possiamo che dare una mano. Ma sul campo ci sono loro. 24/7 e 7/7 come si dice a Chaaria.
Quindi, grazie.

Alex the Dentist

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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