lunedì 20 agosto 2012

Ukambani


E’ una regione estremamente arida a Nord-Est di Nairobi. Le piogge sono normalmente scarsissime ed il livello di sviluppo e’ estremamente basso. La regione si estende da Mwingi fino a Machakos, per arrivare a confinare con Pwani sulla costa.
Molti di loro poi vengono all’ospadale di Chaaria, sia perche’ nell’Ukambani la sanita’ e’ costosa, e sia perche’ molte volte i dispensari locali non hanno medicine. 
Usando scorciatoie e strade sterrate, molta gente dell’Ukambani viene nel Meru, piu’ fertile e ricco d’acqua. Spesso ci vengono con mandrie denutrite in cerca di pascoli. Altre volte arrivano come venditori ambulanti di vestiti o cestini. Talvolta si rivolgono alla gente semplicemente per chiedere elemosina.
L’Ukambani e’ arido e poverissimo, con villaggi fatti di capanne di paglia costruite su una terra aridissima: normalmente la gente mangia una volta al giorno, ed e’ frequentissima la malnutrizione, causata anche dall’alimentazione sempre uguale e mai diversificata. 
In Ukambani il ministero della sanita’ distribuisce gratuitamente ai bambini delle marmellate di arachidi arricchite di oli vegetali, vitamine e latte, proprio per ridurre i casi di malnutrizione.
Altra condizione morbosa molto frequente e’ certamente l’anemia, soprattutto in gravidanza. Una donna incinta in quelle aree viaggia sui 6 grammi di emoglobina, ed e’ rarissimo vedere una donna “premaman” con almeno 10 di emoglobina.
Da questo punto di vista a Chaaria siamo molto fortunati. Qui c’e’ acqua in abbondanza e la gente puo’ avere una alimentazione bilanciata e variegata. I bimbi malnutriti sono abbastanza rari nel nostro ospedale.
Anche la situazione dell’Ukambani ci ricorda e ci pungola sul problema delle grandi diseguaglianze tra ricchi e poveri che sono impressionanti anche all’equatore.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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