martedì 25 settembre 2012

Qualche successo ortopedico


In questi giorni, oltre a tutto il bailamme che deriva dallo sciopero dei medici ancora in corso, abbiamo anche avuto molti casi di violenza: accoltellamenti al petto con pneumotorace, pugnalate sulla pancia con interessamento del peritoneo, una mano completamente amputata dal machete.
Nei due casi che oggi presentiamo, abbiamo comunque potuto fare qualcosa di veramente importante per i pazienti, anche con i nostri limitati mezzi ortopedici.
A Florence era stata inflitta una “pangata” che le aveva tranciato l’epifisi prossimale dell’ulna sinistra. Con pazienza siamo riusciti a ridurre il moncone osseo che era risalito lungo l’omero, e poi abbiamo improvvisato una “fissazione interna” con filo metallico. Non avendo altro a disposizione, abbiamo usato un ago spinale... e come vedete dalla lastra, il risultato e’ piu’ che soddisfacente. Ora Florence e’ dimessa con un gesso in estensione per 5 settimane. In corrispondenza della ferita abbiamo aperto una finestra che ci permettera’ di medicare e di monitorare le possibili infezioni.
Jackson invece e’ arrivato con ferite da machete su tutto il corpo. Quella piu’ grave gli era stata inflitta  alla mano sinistra. La panga aveva fratturato la falange prossimale del mignolo e tranciato il tendine estensore.
Anche in questo caso abbiamo fatto una “fissazione interna” della frattura falangea, usando stavolta il mandrino di un ago-cannula numero 18 ed un “Heggar” finissimo che non usiamo praticamente mai per i raschiamenti. Il tendine lo abbiamo trovato e ricostruito. Pure per questo paziente la foto dimostra che la riduzione non e’ per niente male, soprattutto considerando che si trattava di un dito “penzoloni”, e che a Jackson era gia’ stato consigliato di richiedere una amputazione. Anche lui ha un gesso con finestra.
Per entrambi toglieremo il gesso piu’ o meno in concomitanza con l’arrivo del Dr Cara, e questo ci rasserena, in quanto lui potra’ eventualmente correggere quanto noi potremmo aver tralasciato nell’intervento di emergenza eseguito in questi giorni.

Fr Beppe Gaido



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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