martedì 2 ottobre 2012

Delusioni


Credo che molti lettori del blog conoscano Josphine Kawira. L’avevo accolta una notte del dicembre 2007: era avvolta in un telone insanguinato ed era stata “fatta a pezzi” a colpi di machete da un pazzo che poi si era suicidato.
Le ferite erano impressionanti, soprattutto alla testa ed al collo... ma eravamo riusciti a salvarla ed a farla diventare una bellissima ragazzina.
Avevamo saputo che non era mai andata a scuola e che, sin dalla piu’ tenera eta’, aveva lavorato nella casa di quel malato di mente come serva. La sua mamma era scappata con un altro uomo e suo padre era infermo gravemente (infatti mori’ pochi mesi piu’ tardi).
Josphine aveva una sorella che pero’ era gia’ sposata e non si prendeva cura di lei.
Ecco perche’ l’abbiamo adottata come figlia. L’abbiamo iscritta alla scuola della parrocchia e l’abbiamo trattata come una figlia. Durante le vacanze era ospite di una famiglia di Chaaria che l’ha sempre ospitata con generosita’ e senza chiedere niente.
Le abbiamo offerto il catechismo; poi e’ arrivato il battesimo, quindi la prima comunione ed infine la cresima (le foto si riferiscono appunto alla cerimonia della confermazione).
Kawira era piu’ grande degli altri bambini, ma siamo riusciti a portarla fino alla prima media.
Poi, alcune settimane fa e’ successo il disastro: Josphine e’ sparita. Non sapevamo assolutamente dove potesse essere. L’abbiamo cercata tanto, ed infine abbiamo avuto sue notizie: si e’ messa con un uomo nel villaggio di Kathwene, ed ha deciso di non tornare mai piu’ a Chaaria. 
A nulla sono serviti i nostri sforzi di convincerla a ripensarci; inutile e’ stato ricodarle quanto avevamo fatto per lei e quanto ancora ci rimaneva da fare: le avevamo promesso le scuole superiori ed anche l’Universita’, se lo avesse voluto.
Kawira e’ rimasta imperterrita. Non tornera’ neppure a salutarci... e pensare che avevamo gia’ pagato anche per il prossimo trimestre a scuola... non sappiamo se e’ incinta.
Ma con i poveri e’ cosi’: bisogna lavorare in perdita; far le cose per il Signore, senza aspettarsi nulla in cambio. Ce lo dice anche Gesu’ nel Vangelo: “quando avete fatto tutto quello che potete, dice semplicemente: - siamo servi inutili, abbiamo fatto solo il nostro dovere.”
Altra botta al cuore ci e’ venuta da Pamela: e’ stata violentata ancora, ma stavolta la storia e’ piu’ cupa. I vicini di casa dicono che e’ lei che si offre a degli uomini spregiudicati, in cambio di 50 scellini (piu’ o meno 50 centesimi di Euro): con essi si compra poi delle frittelle. Pare abbia insegnato questa cosa gia’ ad un’altra bimba del villaggio. Ho tanta paura che condurra’ anche Sharon sulla stessa strada. La mamma e’ troppo limitata nel cervello per comprendere il problema e per prendere provvedimenti.
Kamang’oro, il posto dove vivono, e’ in effetti uno slum, e la’ puoi trovare tutte le abbiezioni a cui la miseria puo’ portare.
Non non possiamo fare di piu’, ed evidentemente quello che noi ed i vicini di casa cercano di fare non e’ sufficiente. Ho tanta paura che Pamela e Sharon lasceranno la scuola presto. Ho fatto ancora il test HIV alla bambina, e fortunatamente e’ ancora negativo, anche se mi chiedo che senso ha, visto che poi lei rifara’ la stessa cosa... e prima o poi l’AIDS se lo prendera’.
Continueremo a pagare l’affitto alla mamma e ad offrirle i pacchi viveri... ma anche questa storia e’ una grossa delusione.

Fr Beppe Gaido




Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....