Sono le 13.30 di domenica
21 ottobre, ed io ho tantissime emergenze in sala parto.
Con mia sorpresa vedo
Kimani che ciondola nei paraggi e tenta di seguirmi ovunque, entrando anche in
maternita’.
La signora delle pulizie
piu’ volte lo allontana con garbo, ricordandogli che non deve entrare in certe
stanze.
Kimani la segue docile,
ma immediatamente ritorna da me in sala parto. Allora gli chiedo di cos’abbia
bisogno.
Lui mi fa vedere il
braccio dove e’ infissa un’agocannula. Evidentemente se la vuole far togliere.
Considerando che la
terapia antibiotica e’ conclusa e Kimani non ha piu’ il lasix in vena, io dico
di si’, senza rendermi conto minimamente di cio’ che tale assenso avrebbe
significato per la psicologia del nostro paziente.
Kimani esulta non appena
l’infermiera gli toglie l’ago dalla vena; ride forte e quasi salta di gioia.
Sono contento che Kimani
stia meglio e sia di buon umore; lo saluto e continuo con il mio lavoro in
maternita’.
Pochi minuti piu’ tardi
vengo pero’ chiamato da Fr Giancarlo che appare piuttosto scosso: mi stupisco al
vedere il mio confratello al fianco di un Kimani sudato freddo ed alterato nei
pressi del cancello dell’ospedale; tra l’altro, Kimani non ha piu’ il pigiama,
ma i suoi vestiti migliori della domenica.
“Lo abbiamo fermato
mentre stava andando a Chaaria per la miraa, ma e’ stato molto violento e
reattivo!” mi dice Giancarlo.
Mi siedo vicino a Kimani,
ancora molto arrabbiato.
Gli spiego che non e’
ancora stato dimesso e che, se accetta di non scappare a Chaaria, al pomeriggio
lo avrei portato ad una festicciola organizzata dalle volontarie presso il
Centro.
Kimani boffonchia e si
dirige verso i Buoni Figli nell’attesa della festa.
Ho un altro cesareo da fare
prima di potermi recare al Centro Buoni Figli per il momento gioioso preparato
da Lorena, Milena e Silvia.
Quando finalmente vi
giungo, mi rendo conto che Kimani e’ gia’ la’ e che non si e’ affatto rimesso
la divisa dell’ospedale... anzi, mentre noi tagliamo la torta per gli altri
Buoni Figli, lo vediamo andare avanti e indietro dall’ospedale: nell’ultimo
viaggio Kimani torna anche con le lastre e con le ciabatte.
Gli chiedo allora:
“Stanotte dormi in ospedale, vero?”
“No... qui...basta!”
La sua semplice e
lapidaria risposta e’ stata piu’ che eloquente, ed infatti Kimani non e’ piu’
rientrato in ospedale.
Adesso quindi lo seguiro’
come paziente ambulatoriale presso i Buoni Figli.
Il Cottolengo ha proprio
ragione quando dice che i poveri sono i nostri padroni.
Comunque stavo per
decidere la dimissione, in quanto le terapie sono tutte per bocca al momento.
Nella foto con Silvia lo vedete pochi minuti dopo la dichiarazione di
auto-dimissione, domenica scorsa.
In quella con Salvina
vedete invece il Kimani di due mesi fa, e vi potete rendere quindi conto di
quanto in fretta le sue condizioni siano deteriorate.
Speriamo che comunque
pian piano Kimani possa ritornare quello di prima.
Fr Beppe
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