martedì 30 ottobre 2012

Partorire è un momento fisiologico?

Lo so che molti sostengono la tesi che ho scelto come titolo, e toglierebbero senza scrupoli il punto interrogativo; ma le complicazioni a cui assisto ogni giorno mi convincono che tale assioma e’ vero in una esigua minoranza di casi.
E’ come dire che “le cose vanno bene... quando vanno bene”.
Ma nessuno puo’ prevedere quando invece andranno storte.
Tra i tanti esempi che negli anni ho descritto sul blog, oggi vi parlo di un caso in se’ piuttosto unico.
Ella e’ arrivata di notte con pressione arteriosa di 280/160, edema di tutto il corpo e proteine nelle urine. L’ecografia ha dimostrato che il feto era ancora vivo, nonostante i valori pressori incredibili.
E’ stato giocoforza svegliare Jesse (non mi sarei infatti sentito di affrontare una spinale senza la sua presenza)... ed entrare in sala per il cesareo.
Tutto e’ andato liscio durante l’operazione: il bambino e’ nato bene, ha pianto subito ed ha addirittura urinato sul campo operatorio. La mamma e’ stata sempre stabile e non ci sono state crisi epilettiche. La pressione sembrava scesa a valori normali subito dopo l’espulsione della placenta.
Ma poi l’indomani mattina la pressione si e’ attestata nuovamente su valori ben al di sopra dei 200, ed Ella continuava ad essere tutta gonfia. Ho quindi instaurato una terapia ipotensiva senza troppe preoccupazioni, in quanto lo sapevo che a volte ci vogliono giorni prima che la pressione si normalizzi.
Ma il vero problema e’ iniziato 24 ore dopo l’operazione: la donna ha cominciato ad avere ematuria franca dal catetere... e “fortuna” vuole che fosse nuovamente notte!
“Eppure sono sicuro di non aver toccato la vescica durante l’intervento!”, continuavo a ripetermi per autoconvincermi.
Ho comunque deciso di prendere tempo; di mettere un catetere a tre vie e di instaurare un lavaggio continuo. Con l’irrigazione vescicale il liquido di lavaggio usciva subito limpido, ma appena provavo a sospendere, l’ematuria si ripresentava minacciosa.
Sono stato veramente in crisi sulla decisione di riaprire la donna o meno, ma cio’ che mi frenava era la certezza di essere sempre stato a distanza di sicurezza dalla vescica durante tutto l’intervento.
Inoltre l’emocromo non si modificava in modo chiaro: “se la paziente non si anemizza vuol dire che non sta sanguinando molto!”
Ho quindi provato a fare delle lavature con siringone, e mi sono accorto che c’era una montagna di coaguli in vescica: questa era la causa dell’ematuria!
Mi  ci sono voluti 3 giorni di lavature per aspirare tutti i coaguli.
Ora le urine sono limpide, la mamma stabile, l’edema ridotto e la pressione a livelli accettabili con terapia. Domani dimettero’ Ella.
“Tutto e’ bene quel che finisce bene”... ma il fatto e’ che ancora ora non so che cosa sia successo.
E’ stata una ematuria renale? Infatti Ella ha avuto un modesto aumento della creatinina per due giorni dopo il cesareo, anche se poi gli esami son tornati nella norma.
Si e’ verificata forse una coagulazione intravascolare disseminata con saguinamento da disturbo coagulativo? Chi lo sa!
O semplicemente l’infermiera che ha inserito il catetere in emergenza prima del cesareo nutturno ha causato qualche danno all’uretra? Vai a sapere!
L’importante e’ che Ella andra’ a casa con il suo bimbo... ma nei giorni in cui ci affannavamo per lei, Monica spesso mi diceva: “certo che avere un bambino e non sviluppare complicazioni anche mortali, e’ davvero un dono di Dio!”.

Fr Beppe Gaido 

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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