sabato 6 ottobre 2012

Ritmi insostenibili

Tecnicamente lo sciopero dei medici sarebbe finito allo scoccare della mezzanotte di ieri, ma credo che nessuno dei dottori sia tornato negli ospedali per il week end. 
Oggi infatti e’ stata una giornata tremenda…forse il sabato piu’ terribile che io ricordi.
Pazienti dappertutto, sia in reparto che in ambulatorio; la maternita’ che scoppia con circa 70 “ante-natal mothers”: i parti che si susseguono a ritmo continuato, ed i cesarei che non sono da meno: anche oggi i cesarei sono stati infatti 6. 
Siccome gli ospedali sono ancora alla paralisi ci arriva poi di tutto: oltre che raccogliere tutti i casi di maternita’ complicata delle strutture rurali, ieri per esempio una occlusione intestinale da tumore del colon ha tenuto impegnati i chirurghi di Catania per quasi 5 ore. 
Spesso capita che non riusciamo a trovare un letto per i ricoverati: anche con due pazienti per letto, dobbiamo ricorrere a dei materassi per terra… e qualcuno non lo ricoveriamo affatto per carenza di spazio; lo teniamo invece sotto osservazione su una panca o su una barella. Tale e’ la nostra situazione, e le forze cominciano ad assottigliarsi, soprattutto quando le chiamate notturne ci impediscono di recuperare con un sonno ristoratore. 
Ma, anche in questa situazione limite, siamo sereni, e sappiamo che e’ il Signore a darci la forza di non scoraggiarci e di tirare avanti. 
Sinceramente comunque nutriamo la speranza che da lunedi’ la pressione di clienti si allenti un po’, soprattutto per la maternita’. Come ho gia’ detto in passato comunque, per noi e’ un onore essere sempre aperti, pure quando gli altri ospedali sono chiusi; ed e’ emozionante vederci tanto presi d’assalto dalla gente: vuol dire che ci stimano, che si fidano di noi, e che molti apprezzano anche la nostra politica dei prezzi bassi, tesi a non lasciar fuori nessuno per motivi economici… 
A dire il vero, in questo periodo abbiamo ricoverato e dimesso moltissime persone senza ricevere uno scellino. 
A Chaaria infatti non si manda via nessuno, e non si tiene prigioniero nessuno dopo la guarigione, quando e’ genuinamente povero e non ha soldi per pagare. 

Fr Beppe 




FOTOREPORTAGE DELLO SCIOPERO
Alla sera, uno dei problemi che ci poniamo, dopo aver finito l’immensa coda di malati, e’ quello di come sistemare le persone che non hanno piu’ la possibilita’ di trovare un matatu e non possono tornare a casa a piedi durante la notte.
Normalmente donne e bambini vengono sistemati su un materasso che poniamo sul pavimento di uno degli ambulatori: a loro assicuriamo coperte ed un po’ di colazione.
Agli uomini invece offriamo barelle e panche nella sala di attesa esterna: pure a loro diamo coperte e colazione, ma non li accogliamo all’interno, perche’ abbiamo avuto dei casi di violenza, e lo staff (quasi del tutto femminile) ha paura di loro.
Normalmente, verso le 6 di mattina, alle prime luci dell’alba, essi iniziano il loro cammino verso casa, e lo staff pulisce ambulatorio e sala di attesa, prima dell’arrivo dei pazienti del nuovo giorno.
Anche questo fa parte della nostra maratona quotidiana per riuscire a servire tutti nel modo piu’ dignitoso possibile.
Le foto allegate vi danno un’idea di quello che avviene normalmente verso le 21 di ogni sera a Chaaria, soprattutto in periodi di superlavoro come questo.
Fr Beppe Gaido
 

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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