martedì 9 ottobre 2012

Un'altra orfanella


Mentre scrivo questo breve post e vi presento la nostra nuova orfanella, il mio cuore e’ ancora pieno di dolore e di depressione. Di solito e’ un momento molto gioioso e tenero, quando accogliamo un nuovo bimbo; oggi pero’ non e’ cosi’: infatti la mamma di questa bimba e’ morta ieri qui al Cottolengo Mission Hospital, per complicazioni del peripartum.
Lo so benissimo che nessuna pratica medica e’ priva di rischi, e che la mortalita’ nel periodo perinatale e’ un dato di fatto non solo per il Terzo Mondo, ma anche per l’Europa e gli Stati Uniti.
Rimane il fatto che la morte di una donna dopo il parto e’ sconvolgente e devastante: e se mi sento cosi’ io, chissa’ cosa deve provare il marito a cui ho dato la notizia io stesso stamattina.
Quell’uomo e’ stato un esempio di bonta’ e mi ha addirittura ringraziato per aver tentato il tutto e per tutto per la moglie.
Mi ha detto di rimanere con la sua bambina finche’ lui si potra’ riorganizzare.
E’ questo un momento molto triste per Chaaria, un momento in cui a nulla vale pensare alle tante vite che salviamo tutti i giorni... Lottiamo comunque per non scoraggiarci e per dire sempre si si’ alle persone che bussano alla nostra porta. La tentazione era di non operare piu’, ma anche oggi abbiamo dovuto stare in sala per piu’ di 12 ore: i bisogni sono troppi e continui!
Non sappiamo ancora come si chiamera’ questa bimba: aspettiamo che il papa’ superi lo shock e ce lo venga a dire.
Adesso e’ insieme agli altri orfanelli (la prima da sinistra), e la stiamo nutrendo con latte in polvere. Ci auguriamo che tutto vada bene e che possiamo far crescere questa pargoletta e ridonarla forte e sana al suo papa’.
Fr Beppe Gaido

Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....