lunedì 12 novembre 2012

L'avventura è incominciata

Naturalmente e’ stato un inizio difficilotto: molte prese non andavano bene; alcuni tubi di aspirazione non entravano nei bocchettoni degli aspiratori. 
La scialitiaca ha avuto qualche problemino ad accendersi… poi mancano ancora molte cose… ma abbiamo iniziato: oggi abbiamo operato nella nuova sala! Questa e’ la cosa piu’ importante! Questo e’ un sogno diventato realta’! 
Il primo intervento e’ stato un tumore della mammella, e non un cesareo… secondo i pronostici. Le difficolta’ ci sono, sia per me che per le ragazze della sala, come per Jesse: e’ tutto nuovo! 
E poi non siamo abituati a lavorare in un ambiente cosi’ spazioso! Ma e’ stato importante incominciare… e poi, anche con l’aiuto ed il consiglio dei chirurghi italiani, prenderemo bene il giro ed impareremo ad usare con maestria i vari percorsi puliti e sporchi. 
Questa sala e’ un salto di qualita’ immenso per Chaaria, ed un atto di rispetto dovuto ai nostri pazienti, che fino ad ora sono stati operati in un ambiente veramente angusto. 
Ora avranno una sala operatoria a regola d’arte, e la nostra capacita’ tecnica andra’ di pari passo con un ambiente sicuramente degno della patologia da noi affrontata e soprattutto della dignita’ umana dei nostri malati. 
Sono evidentemente commosso, e ringrazio tutti coloro che negli anni mi hanno sostenuto, incoraggiato ed aiutato nel cammino che ha portato al traguardo di oggi. Avevo gia’quasi smesso di sperarci, ed invece il Signore anche questa volta non mi ha deluso! 
Ringrazio Dio prima di tutto, e poi dico grazie a tutti i benefattori… ed il mio grazie si associa a quello non verbale di tuttiIpazienti che opereremo in una sala tanto bella. 

Fr Beppe 











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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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