domenica 30 dicembre 2012

Ernia inguinale permagna


La giornata di ieri ha avuto il suo “top adrenalinico” quando abbiamo ricevuto da Isiolo un paziente con una gigantesca ernia inguino-scrotale irriducibile e dolente.
La storia del malato ci ha permesso di scoprire che l’ernia era presente da circa 20 anni, ma che era stata riducibile fino ad alcuni giorni prima del ricovero.
Abbiamo fatto l’intervento in anestesia spinale.
L’isolamento del sacco erniario dai muscoli e dalle strutture anatomiche del canale inguinale (soprattutto il funicolo) ci ha richiesto molto lavoro, a causa delle tenaci aderenza che negli anni si erano instaurate. Siamo con fatica arrivati al colletto, ma qui ci siamo accorti che l’ernia non rientrava.
E’ stato giocoforza aprire il sacco: a questo punto ci siamo accorti che si trattava di un’ernia inguinale da scivolamento e che la parte erniata era costituita da cieco, ascendente e ultima ansa ileale.
Abbiamo quindi ridotto la parte erniata pian piano, usando delle pinze anatomiche. Inserivamo in peritoneo il materiale intestinale partendo dalle anse piu’ craniali del colon ascendente. E’ stata una manovra difficoltosa che ci ha obbligati a mettere il paziente in posizione di Trendelemburg per ridurre la pressione intestinale sulla porta erniaria; l’altra difficolta’ e’ stata costitita dal fatto che l’appendice ed il cieco erano completamente aderenti a parte del sacco peritoneale.
Con fatica siamo pero’ riusciti nell’impresa. Abbiamo quindi richiuso il sacco e bloccato la porta erniaria un un plug di rete in prolene. A questo punto abbiamo terminato l’intervento con l’apposizione di mesh e con la chiusura in strati della parete addominale.
Fortunatamente il paziente sta procedendo bene nel post-operatorio, ed e’ ignaro delle nostre difficolta’ tecniche.
Ringraziamo il Signore che ci ha dato la possibilita’ di concludere l’intervento.
Quando non riuscivo a ridurre l’ernia, mi sembrava di svenire ed avrei avuto voglia di urlare per la paura  di non essere in grado di andare avanti.
Ma anche stavolta posso dire: “tutto e’ bene, quello che finisce bene!”

Fr Beppe 


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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