sabato 22 dicembre 2012

Sconvolgente


James e’ stato coinvolto in una lite familiare per la divisione della terra.
Come troppo spesso accade da queste parti, la discussione e’ andata a finire male… e James e’ stato preso a “machetate” dal fratello.
Ma la cosa che mi sconvolge di piu’ non e’ comunque questa… e’ piuttosto il fatto che il ferito e’ stato portato in un ospedale che si definisce “missionario”, ma la’ non e’ stato suturato perche’ gli mancavano i soldi per pagare la sala operatoria.
E’ rimasto in quella struttura per 7 giorni, ma nulla e’ stato fatto…
Allora ha chiesto di essere dimesso, ed e’ arrivato a Chaaria ieri.
Le ferite erano infette, le medicazioni sporchissime e puzzolenti; qualcuna di loro aveva gia’iniziato un processo di cicatrizzazione in posizione anormale.
Ma la parte piu’ terribile era la mano sinistra: il machete aveva amputato sia radio che ulna. Le ossa erano esposte e la mano penzolava, trattenuta solo da brandelli di tessuto sottocutaneo. Non sarebbe stato pensabile provare una ricostruzione, sia perche’ io non sono un chirurgo della mano, sia soprattutto perche’ la mano stessa era gangrenosa e fredda.
Abbiamo agito subito, senza chiedergli se aveva soldi. Il paziente e’ stato intubato.
In sala abbiamo dovuto operarare un’amputazione al terzo distale del braccio, oltre a innumerevoli tenorrafie e suture muscolari e cutanee.
Non so se quella mano avrebbe potuto essere salvata nel caso in cui l’intervento fosse avvenuto poco dopo l’incidente! In Italia certamente si’… qui non saprei!
Rimane il fatto che trovo immorale che ci siano ospedali che si definiscono “faith based” (cioe’ ispirati da una motivazione religiosa), e che poi abbiano il coraggio di negare un’assistenza urgente solo per motivi economici.
Ma cosi’ vanno le cose… ed ancora una volta dico a me stesso: “e’ proprio per questo che esiste Chaaria!”

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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