mercoledì 27 febbraio 2013

Frattura di tibia e perone

Julius ha 11 anni e proprio di andare a scuola non ne vuol sapere. Suo padre però non è dello stesso parere e lo vuole obbligare alla frequenza scolastica. 
E Julius che cosa pensa di fare? Si nasconde sopra un albero, pur di non andare a scuola. Il padre però lo scova e si piazza ai piedi della pianta mentre gli ordina di scendere. Alla fine Julius cede e scende dall'albero, ma ancora non è convinto di andare a scuola. 
Si dà allora alla fuga inseguito dal babbo. Purtroppo però inciampa e cade su una pietra aguzza che gli provoca una frattura esposta di tibia e femore, molto in basso vicino alla caviglia. 
Lo vedo arrivare all'ospedale in lacrime, sorretto dal padre che ha anche confezionato una specie di stecca con dei ramoscelli. Li guardo, e dal modo in cui sono vestiti mi rendo subito conto che non posso proporre loro di andare a cercare un ortopedico altrove... sono evidentemente dei poveracci! 


 
La lastra delle fratture è spaventosa. Inoltre bisogna decidere subito, in quanto le ossa sono esposte ed il pericolo di osteomielite è reale. 
Mi affido ancora una volta ad internet, ed alla buona volontà del Dr Cara, il quale, come sempre, mi risponde puntualissimo. 
Mi quindi  le dritte da seguire: non si può mettere una placca, sia perchè il focolaio di frattura è troppo vicino alla caviglia e sia perchè la placca sarebbe lei stessa una fonte di osteomielite in una frattura esposta. 
E poi si tratta di un bambino e la frattura è vicinissima alla cartilagine di accrescimento. La soluzione che Luciano mi prospetta è quella dell'uso di lunghi fili di Kirschner. Mi descrive in power point tutte le fasi dell'operazione e mi augura buona fortuna. 
Sempre io studio con attenzione le diapositive che Luciano mi manda, per rendermi conto se ce la posso fare o meno. 
La seconda foto di oggi vi dà l'immagine visiva dell'ottimo risultato che abbiamo avuto. Siamo naturalmente molto entusiasti. 
In sala tutti hanno battuto le mani quando siamo riusciti a ridurre e re-incastrare i monconi tibiali in posizione corretta. 
Io poi sono felicissimo ed estremamente grato del modo in cui Luciano mi guida e mi consiglia. Ed il risultato di tale collaborazione è sempre il bene dei nostri poveri pazienti. 
Ora Julius deve per forza stare con suo padre, che è ricoverato pure lui, per assisterlo e stargli vicino: al vederli insieme mi pare comunque che si siano riconciliati. 
La nostra gioia più grande è che Julius potrà nuovamente camminare e correre come gli altri ragazzi. 
Fr Beppe




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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