mercoledì 13 febbraio 2013

Il mio più bel ricordo di Chaaria (Burned baby)

I bimbi  sono parte integrante di Chaaria, seppure ricoverati quando le loro condizioni di salute lo permettono trascorrono le giornate sotto il porticato, spesso seduti sul gradino dell’aiuola che ospita la statua di San Giuseppe Cottolengo.

Non ricordo il nome di questo piccino per me era “the burned baby” il bimbo bruciato scampato miracolosamente all’incendio della baracca dove viveva con i genitori e due fratellini.

Ha vissuto a Chaaria per molti mesi che sono serviti per curargli meticolosamente le ferite cuasate dal fuoco ed è stato dimesso, guarito,  il giorno successivo alla mia partenza.

Per venti giorni, ogni volta che mi vedeva scendere verso l’ospedale mi correva incontro sorridente ed ansioso di ricevere il suo chupa chups. 
Uno al mattino, il secondo al pomeriggio contro le prescrizioni dei dentisti che spero mi perdonino…

Nessuna parola tra di noi, solo sorrisi e sguardi, le nostre mani ci hanno aiutato a dialogare, non credo di avere mai sentito la sua voce.

Non ricordo il suo nome  ma la sua immagine è scolpita nel mio cuore. 


 
Sereno e pensieroso ad un tempo ogni giorno uguale nei gesti e nelle espressioni, mai un capriccio né una lacrima durante le medicazioni...un bimbo speciale.

Forse il più bel ricordo di Chaaria. 

Anna Sampò

 

Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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