L'altro aspetto che mi ha colpito
moltissimo è la solidarietà tra i malati, pochi di loro parlavano inglese e
comunque in ogni modo cercavano di attirare l'attenzione del medico se qualcuno
stava male o aveva qualche difficoltà.... anche laggiù, come da noi, la fine di
una flebo sembra una cosa gravissima se non viene subito staccata..... e loro
si sbracciavano per attirare l'attenzione su una flebo finita o su qualcuno che
stava male, per non parlare dei pochi che erano in grado di comunicare in
inglese e che ben volentieri si prestavano a tradurre per gli altri. Si
aiutavano per mangiare gli uni con gli altri e con grande semplicità
accettavano di essere aiutati anche da te; ho notato che le tante volte che mi
sono portata i malati per le eco, che spesso erano pazienti che non
camminavano bene sulle loro gambe, dopo un iniziale momento di stupore,
accettavano l'aiuto con grande semplicità e naturalezza. sabato 16 marzo 2013
Chaaria: un'isola di pace
L'altro aspetto che mi ha colpito
moltissimo è la solidarietà tra i malati, pochi di loro parlavano inglese e
comunque in ogni modo cercavano di attirare l'attenzione del medico se qualcuno
stava male o aveva qualche difficoltà.... anche laggiù, come da noi, la fine di
una flebo sembra una cosa gravissima se non viene subito staccata..... e loro
si sbracciavano per attirare l'attenzione su una flebo finita o su qualcuno che
stava male, per non parlare dei pochi che erano in grado di comunicare in
inglese e che ben volentieri si prestavano a tradurre per gli altri. Si
aiutavano per mangiare gli uni con gli altri e con grande semplicità
accettavano di essere aiutati anche da te; ho notato che le tante volte che mi
sono portata i malati per le eco, che spesso erano pazienti che non
camminavano bene sulle loro gambe, dopo un iniziale momento di stupore,
accettavano l'aiuto con grande semplicità e naturalezza. Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.
Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.
Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.
Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.
Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.
E poi, andare dove?
Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.
Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.
Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.
Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.
Questo è quello che facciamo, ogni giorno.
Fratel Beppe Gaido

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