domenica 17 marzo 2013

La coltellata che ha segnato la mia domenica

L’ho visto arrivare subito dopo la messa. Era insanginato ed impolverato. Avevano viaggiato tutta la notte da Thangatha, in Tharaka.

La coltellata risaliva a ieri sera alle 7, ma sono arrivati a Chaaria alle 10 di stamattina.

Lo abbiamo lavato con la consapevolezza che non si trattava solo di un problema sottocutaneo: aveva troppo male e l’addome era rigidissimo.

L’ecografia ha confermato la presenza di fluido in peritoneo.

E’ stato giocoforza entrare in sala, intubare il paziente, aprire l’addome e verificare le condizioni degli organi interni.

Infatti abbiamo trovato che il coltello aveva perforato ben 6 anse ileali, che siamo riusciti a riparare con una piccole anastomosi.

Inoltre c’era una quantita’ enorme di sangue in cavita’ peritoneale; abbiamo quindi dovuto aspirare e lavare abbondantemente.


 

Oggi, come tutte le domeniche, siamo decisamente sotto staff, e ci siamo potuti lavare solo in due per l’intervento. Il terzo operatore non ce lo siamo potuti permettere perche’ Kanyua doveva aiutare Jesse per la “generale” e ci doveva fare da assistente “non lavato”.

E’ stato un intervento difficoltoso, come sempre capita per le laparatomie d’urgenza.

L’operazione e’ andata bene, ma, per ragioni forse legate alla setticemia ed alla grossa perdita di sangue, il malato e’ diventato violento e aggressivo in fase di risveglio. Poi le sue condizioni sono progressivamente peggiorate, ed e’ morto sotto i miei occhi alle 21.30.

Una nuova vittima della violenza tra ubriaconi!

So di aver fatto la mia parte e sono cosciente di non essere onnipotente, ma sono ugualmente molto triste, perche’ speravo di avergli salvato la vita.

Inoltre io sono molto stanco. Anche ieri la giornata e’ stata pienissima, ed il giro serale e’ finito dopo le 22.

Forse la mia stanchezza dei week end e’ ingigantita anche da un aspetto psicologico, in quanto spesso mi viene da pensare: “possibile che il fine settimana sia sempre cosi’? Lo staff che mi aiuta di sabato e domenica poi avra’ i suoi due giorni liberi, mentre per me e’ un continuo... loro poi alle 18 se ne vanno a casa, mentre alle 21.30 c’ero ancora io con il malato”.

Sono convinto che in me c’e’ una venuzza di depressione a cui cerco di resistere rimotivandomi ogni giorno.

Ho voglia di piangere, anche se da ieri ho trovato molto incoraggiamento nelle semplici parole del nuovo Papa Francesco.

Esse mi ronzano in testa e mi penetrano nel cuore: “dobbiamo essere una Chiesa povera a servizio di piu’ poveri nel mondo”.

Le parole del Pontefice mi danno coraggio e forza nell’estenuante lavoro di Chaaria: certo e’ povero il medico che non puo’ permettersi un sostituto per il fine settimana o per il turno della notte.

Indubbiamente poi tutto il nostro affaticarci a Chaaria e’ sempre stato una lotta per servire quotidianamente i piu’ poveri, quelli che non avrebbero altro ospedale a cui rivolgersi... e chi e’ stato nello sperduto villaggio di Thangatha in Tharaka sa di cosa sto parlando.

Ora non mi resta che pregare per l’anima di questo venticinquenne morto per un futile diverbio, reso irreparabile dai fumi dell’acool.


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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