venerdì 1 marzo 2013

Il funerale

Una buona delegazione da Chaaria ha partecipato al funerale del papà di Fr Dominic Nturibi. 
Il suo villaggio non dista più di 15 chilometri dalla missione. Ci sono andati Fr Robert Maina e Fr Simon, Sr Cecilia e sr Joan, alcuni ragazzi del centro Buoni Figli, ed alcuni dipendenti del Centro e dell'ospedale. 
E' stata una celebrazione solenne che ha occupato praticamente tutta la giornata. La salma è stata prelevata comunitariamente dalla camera mortuaria dell'ospedale di Nkubu, dove il padre di Dominc era mancato a causa di complicazioni legate al diabete. 
La Messa è stata celebrata nel cortile di casa: è stata lunga e solenne, come si usa qui da noi. 


 
La tumulazione è avvenuta nella nuda terra, nel cortile, non lontano dalla casa dove il defunto ha abitato: è una bella tradizione quella di tenere a casa i resti degli antenati che continuano così a proteggere la famiglia. 
Proprio per questo qui da noi non ci sono cimiteri. Poi ci sono stati tantissimi discorsi che hanno commemorato la bontà del defunto e l'eredità lasciataci. 
C'era moltissima gente. C'erano anche tante Suore della Congregazione di Nazareth: Fr Dominic ha infatti una sorella in quella congregazione. 
Le esequie sono praticamente durate fino al tramonto, in quanto, come è tradizione in Kenya, dopo il rito religioso, c'è stato un pasto per tutti in onore del defunto. 
Crediamo che la nostra presenza comunitaria sia stata un bel segno di fraternità per Fr Domenico, che ora rimane a casa a consolare la mamma vedova. 
Rinnoviamo a tutti le nostre condoglianze. 
Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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