giovedì 27 giugno 2013

Dalle lettere dei volontari

- la mia esperienza con voi è stato un periodo meraviglioso e duro nello stesso tempo, perché l’impatto con una realtà così diversa dalla mia non è stato semplice.

- mi trovo in uno stato contraddittorio quando penso che da una parte mi piacerebbe poter mollare tutto in Italia e venire a lavorare stabilmente con voi, dall’altra i legami con la famiglia, gli amici ed il lavoro non mi permettono di fare questa scelta.
- i bambini malati gravi, i giovani agonizzanti per l’AIDS sono come fotografie marchiate a fuoco nel mio cuore, ma solo mie, non da esibire a qualcuno che forse non capirebbe.
- per non parlare dei “piccolini”, un pezzo del mio cuore è ancora con loro: Marco, che sarà ormai un piccolo ometto, e forse sarà all’orfanotrofio... Joy a cui mi sono affezionata moltissimo e mi viene voglia di piangere tutte le volte che la penso; Grace così piccola e indifesa.
- il ricordo di tutti voi e di quell’esperienza è ancora così forte nel mio cuore...e credo che non svanirà mai.
- le persone che ho conosciuto un po’ meglio...... mi hanno offerto un’amicizia che mi rese molto più facile un’esperienza che per certi versi non è stata per niente facile. Con loro mi sono addirittura divertita.
- nella vostra casa l’ospitalità è sacra, ma è pagata con un prezzo d’amore che esige sacrificio e fatica per garantire quella intensa comunione che vi fa Chiesa e segno di Dio.





- ha toccato nel profondo la sofferenza dei poveri. Quando in ospedale vedevo morire bambini, ragazzi, uomini e donne per malaria, denutrizione, AIDS, povertà e miseria, avvertivo in me un senso di colpa per essere parte di una struttura di peccato che schiaccia i
deboli e li dimentica.
- porto dentro di me tante immagini: i volti dei bimbi e delle loro tenerissime mamme, le sofferenze ed i sorrisi dei pazienti, gli occhi e le braccia tese dei piccoli all’orfanotrofio... la vostra dedizione infaticabile... Ringrazio davvero il Signore per avermi concesso questa opportunità di servizio.
- è stato emozionante e commovente sentire i pazienti che uscivano dicendomi, “Dio ti benedica”, o i bambini delle scuole e gli insegnanti invitarci a visitarli e farci dei regali, che appaiono umili in sé, ma mi hanno riempito il cuore.
- la nostalgia di voi in me è davvero forte e cresce di giorno in giorno.
- queste esperienze ti cambiano nel profondo tanto che si fa fatica a rivivere come prima.
- Chaaria mi manca tanto... mi mancano tante cose, ma soprattutto la semplicità, l’umiltà ed il sorriso delle persone che ho incontrato.

Fr. Beppe Gaido






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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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