martedì 2 luglio 2013

I miei sensi di colpa

Il senso di colpa è diventato mio fedele compagno di viaggio da moltissimi anni e sembra che non mi voglia proprio abbandonare.

Forse è la mia emotività, o l'acuta coscienza dei miei limiti, ma certamente è come se il senso di colpa sia diventato un mio secondo essere.
Se accetto di partecipare ad un seminario fuori Chaaria, poi vado subito in crisi perchè non sono con i miei malati che hanno bisogno di me. E' successo recentemente che la moglie di un mio amico sia morta ed un membro dello staff abbia perso un bambino mentre io partecipavo ad un convegno e non ero a Chaaria.
Ecco allora i miei continui tormentoni interiori: è giusto staccare la spina qualche volta e dedicarsi ad un po' di aggiornamento, o è meglio non allontanarsi mai per servire quante più persone sia possibile?





Il senso di colpa si ripete acutamente anche quando sono stanchissimo e, dopo molti mesi di lavoro estenuante, ho bisogno di uno stacco di qualche giorno, semplicemente per riposarmi: per invogliarmi a staccare, molti mi ripetono la stessa storia che io non sono onnipotente, che non sono il salvatore dell'Africa e che Chaaria può andare avanti benissimo anche senza di me. 
Per insistere più chiaramente su questo punto mi ricordano che tutti sono utili ma nessuno è necessario.
Quando poi decido di partire per quattro o cinque giorni di vacanza, ancora una volta mi sento male: penso a tutti i problemi che lascio sulle spalle di Fr Giancarlo; considero a quanta gente deve essere coinvolta per sostituirmi (anestesista di notte, laboratorista reperibile, Ogembo di chiamata per i cesarei e raschiamenti).
Poi mi sento in colpa per i volontari che lascio a Chaaria ed a cui do un sovraccarico di lavoro e di responsabilità sia in sala operatoria che in reparto.
Mi sono infatti creato la psicologia che devo essere sempre presente con i volontari, ma, siccome i volontari a Chaaria ci sono tutto l'anno, questo implica che non mi potrei assentare mai.
Il senso di colpa può essere acuto anche se decido di non staccare: divento stanco e nervoso e tratto male i malati... allora mi chiedo se ha senso sfinirsi per poi maltrattare quelle stesse persone a cui vuoi dedicare la vita.
Per non parlare dei sensi di colpa che derivano dagli insuccessi terapeutici: in essi mi cruccio e mi crogiolo per giorni: e se avessi fatto così? E se avessi deciso per quell'altra opzione terapeutica?
Quando sono troppo sopraffatto dai sensi di colpa per un trattamento non andato bene, penso sovente ad Ippocrate quando dice: "lode al medico che ha sbagliato poco".
In conclusione di questa tormentata riflessione sui miei sensi di colpa, volevo comunicarvi che, dopo lunghe e faticose contorsioni mentali, ho deciso di affidare a Fr Giancarlo, Pietro ed agli altri volontari la gestione dell'ospedale per cinque giorni, al fine di partecipare ad un convegno che mi vedrà assente da Chaaria fino a sabato pomeriggio.
Non che non mi senta in colpa, ma sono sicuro di aver lasciato l'ospedale in ottime mani.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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